lunedì 30 gennaio 2017

" La La Land " di Damien Chazelle ( USA, 2016 )

Andate pure a vedere " La La Land ". Preceduto da un sapiente battage pubblicitario , coperto di premi fin dalla sua apparizione nel settembre scorso alla Mostra Cinematografica di Venezia, candidato a 14 Oscar ( sì, avete letto bene,  tante candidature quante quelle ottenute, in passato, solo da " Eva contro Eva"  e " Titanic " ) è il film del momento, quello di cui tutti parlano. Ma, lo dico subito, dimenticate  tutto ciò che, su di esso,  avete già letto o sentito. Cercate di comportarvi come se andaste a vedere un qualsiasi filmetto semisconosciuto. Non partite con eccessive aspettative. Non è il film più importante della stagione , a giudicare da quanto si è visto fin qui. Non segna una data nella storia del cinema né rinnova i fasti delle  commedie musicali di un tempo .  Se avrete la mente ed il cuore liberi da troppi pregiudizi positivi vi sarà più facile, vedendolo,  rendervi conto  dei non pochi  meriti e di qualche serio  difetto che possiede. Senza i  malintesi o  le delusioni che potreste avere al termine della proiezione chiedendovi " tutto qui ? ". Sì, tutto qui. Un buon film, che vi farà passare serenamente due ore. Una storiellina sottile, una messa in scena accattivante  e non dimentica degli archetipi del genere, un paio di canzoni che avranno successo, due attori carismatici e che , come si dice, bucano lo schermo. Tutto sommato mi accontenterei. Senza bisogno  di gridare al miracolo o di non voler vedere le astuzie disseminate quà e là in un'opera a tratti più abile che ispirata.

Quello della commedia musicale è un genere talmente legato alla storia del cinema dopo l'avvento del sonoro da rendere difficile qualunque innovazione troppo marcata. Un genere ormai " codificato ", con tutti i suoi momenti topici così sedimentati nel nostro immaginario da lasciare poco spazio alla fantasia degli autori. Ma, soprattutto, un genere legato al teatro ( dove sono nati quasi tutti i più grandi successi trasposti poi sullo schermo ) e che risente di una certa " fissità " da palcoscenico - originario o soltanto virtuale -  fosse pure il più vasto disponibile. E i registi che  , come Minnelli o il  Robert Wise di " West Side Story ", sono riusciti a togliergli di dosso la polvere di scena portandolo  "en plein air " o decostruendone lo schema narrativo, hanno dovuto faticare non poco. Un primo punto di merito di " La La Land ", quindi, è che nasce per il cinema, "è " cinema allo stato puro ed afferma orgogliosamente la sua indipendenza estetico-visiva. Lo dice la folgorante scena iniziale dell'ingorgo sul viadotto della superstrada, quando tutti i guidatori delle auto bloccate nel traffico saltano giù dalle loro vetture, cantano e ballano atleticamente in un inno al sole di California (" Another day of sun " ). Scena  cinematografica quant'altra mai, tutta nervosa e con un taglio ed un ritmo  che annunciano quasi programmaticamente l'originalità del film stesso. Ed anche il balletto tra i due protagonisti al crepuscolo sul belvedere che domina Los Angeles  insiste sulla piena autonomia del suo impianto visivo rispetto ad ogni ipotetica derivazione teatrale. L'inquadratura qui  non sottende un ideale spazio scenico, come nella maggior parte dei " musical "apparsi sullo schermo,  bensì riafferma la sua capacità di allargarsi ad abbracciare un orizzonte meno forzatamente limitato. Un " musical ", questo,  che, pur tributando al passaggio evidenti omaggi alla grande tradizione che corre sull'asse Broadway- Hollywood, assume poi tutt'altra dimensione. Flirta con la  pittura (con i suoi vivaci colori postmoderni ) si apparenta al jazz e alla sua caratteristica principe  che è l'improvvisazione  "ragionata". Ma soprattutto  strizza costantemente l'occhio allo stesso cinema, dall'ambientazione non a caso hollywoodiana della vicenda  alle citazioni filmiche spesso palesi, talvolta solo accennate ( " Gioventù bruciata " per la disarmata giovinezza e la purezza originaria dei protagonisti , " New York New York " per le incomprensioni professionali che dividono la coppia, " L'appartamento " per la momentanea vittoria dell'amore sulle costrizioni ambientali, " Les parapluies de Cherbourg " per la grazia tenue e la freschezza  di talune situazioni ).
Questo Chazelle -  dimenticavo di dirlo - ha poco più di trent'anni ma  conosce  bene come deve inquadrare le scene del suo film , ha un tocco morbido col quale ci prende quasi per mano e ci conduce a zonzo con i protagonisti nel loro girovagare, nel loro momentaneo perdersi e poi ritrovarsi. " Boy meets girl ", dicono ad Hollywood per descrivere l'impianto narrativo che ha garantito il successo a tanti e tanti  film . Un ragazzo incontra una ragazza. Si innamorano, si giurano eterna fedeltà, quasi sempre poi  alla loro felicità si frappongono degli ostacoli, finiscono quindi  col lasciarsi, qualche volta si ritrovano, qualche volta no. Uno schema sempre eguale, una storia raccontata  in migliaia di opere  e che la magia del cinema rinnova ad ogni nuova incarnazione, come se noi la vedessimo sullo schermo senza conoscerla in anticipo. La bravura del regista, qui, non sta solo nello stile che è riuscito ad infondere all'intera vicenda ma nella capacità che egli ha di evocare un' atmosfera, una vera e propria aura, con pochi tocchi appena accennati. Cinema di qualità ma  non vistoso, incapace di saltarti addosso e di catturarti di colpo. Cinema che ci mette un po' a  "carburare " ( e infatti la prima parte di " La La Land " sembra sotto tono se paragonata alla seconda, più pirotecnica e inventiva ) ma poi sale gradatamente di tono e si conclude in modo cinematograficamente convincente ( non dico come, in omaggio alla mia conclamata - e spero apprezzata - volontà di non dire più molto sulle trame dei film di cui parlo ). La scelta del formato , il classico cinemascope , permette poi non solo  di annodare  un ulteriore legame ideale con la grande produzione di " musical " cinematografici negli anni cinquanta e nella prima metà dei sessanta, prima cioè che il genere incontrasse un grave momento di crisi. Esso concede a Chazelle di  " distanziare " la vicenda narrata, come se appartenesse a quell' età dell'oro della commedia musicale , e di creare di per ciò stesso un singolare contrappunto con la modernità di una storia che si svolge ai giorni nostri e che assume come postulato un'etica e una psicologia dei personaggi lontane da quelle proprie del " genere ".

Ecco, veniamo alla storia ( soggetto e sceneggiatura, per intenderci ). Chazelle ha scritto l'uno e l'altra , oltre a dirigere il film . Condizione invidiabile per qualunque " metteur en scène " perché consente all' autore di avere il pieno controllo sulla propria creazione artistica ( produttori permettendo, naturalmente... ). Ma non sempre ottimale. Pochi sono i registi-sceneggiatori egualmente bravi nello scrivere - senza l'aiuto di un professionista del ramo -  e nel dirigere un film ( tra questi citerei, ai giorni nostri, Woody Allen nella commedia e, in tutt'altro registro, i fratelli Dardenne ). Qui il soggetto è abbastanza  indovinato. Non originalissimo nell'introdurre i due personaggi principali ( un'aspirante attrice costretta ad una lunga anticamera prima di sfondare, un pianista squattrinato e con il sogno di aprire un locale tutto suo in cui " proteggere " il jazz classico che è la sua grande passione ). Ma , si sa, da che cinema...è cinema, anche un soggetto gracilino e raccontato mille volte può essere svolto in maniera interessante. Peccato che " La La Land " - o meglio Chazelle  - non riescano del tutto in questo intento. La sceneggiatura  in molti punti è un po'  fiacca, sembra un semplice canovaccio per le invenzioni visive della regia ( invenzioni che, peraltro, proprio da uno sviluppo narrativo più deciso, avrebbero ricavato ancor maggiore impatto ). Si rifletta alla sequenza del sogno ad occhi aperti della protagonista, quasi alla fine del film, quando lei  pensa a come avrebbe potuto essere la sua vita se fosse rimasta  con il pianista. Un felice " mix " di musica e ballo, movimento scenico e inquadrature tutte " giuste ", per carità . Ma , francamente era lecito attendersi  qualche sviluppo narrativo, qualche " gag " più succosa, che non  quella specie di "santino"  colorato che ne vien fuori , tipo " voi non vi immaginate proprio quello che mi sono persa... ". Peccato realmente perché poi altri momenti del film  sono concepiti e scritti meglio. Penso alla ormai celeberrima sequenza - già ricordata -  del " pas de deux " al tramonto con Los Angeles sullo sfondo, situazione finalmente azzeccata e spontanea ( ma, per favore, non la paragonate al " Dancing in the dark " di Fred Astaire e Cyd Charisse in " Spettacolo di varietà " di Vincente Minnelli, forse il più bel balletto a due della storia della commedia musicale  : è quello, per intenderci, ambientato al Central Park ).

Proprio gli attori sono una nota lieta di " La La Land ". Niente Astaire o Gene Kelly, Cyd Charisse o Liza Minnelli, questo è fuori discussione. Ma , finalmente, come ho detto all'inizio, due giovani interpreti veri, vibranti, che riescono a infondere vita nei loro personaggi. Lui, Ryan Gosling, l'idolo delle giovanissime ( e non solo ) non sarà forse così duttile ed espressivo come sarebbe stato auspicabile ( guardate bene la sua espressione mimico-facciale : è sempre il solito sorrisetto un po' enigmatico, declinato in due soli modi, quello speranzoso e quello deluso... ). Ma il  "ragazzo " - ormai sono tutti ragazzi, anche a quarant'anni -  sa muoversi, ha presenza scenica, è carismatico, danza - o meglio accenna una danza- e canta in modo più che accettabile. Lei, Emma Stone, non è bellissima. Ha due grandi occhi tremendamente espressivi che le divorano il volto dai tratti incisivi ( una nuova Bette Davis ? ) e li atteggia , li sgrana , li irrora di pianto o li illumina di gioia come meglio non potrebbe. Proprio una buona attrice , signori miei ! Ed è anche bravina a ballare e cantare ( con un fil di voce ). Fanno entrambi molta tenerezza ed i momenti in cui il film è felicemente venato da una sottile , elegante malinconia, devono molto al fascino e all'intelligenza degli interpreti.
Tornando a casa - ho visto il film nella più bella sala di Milano, quella  grande del vecchio Odeon , su di un vasto schermo  come richiede - pensavo ai molti meriti e ai qualche difetti del film, probabilmente inscindibili gli uni dagli altri come quasi sempre accade. E ho capito, allora , qual è - secondo me - il suo problema. Non osa abbastanza. Riprendere un genere che sembra ormai aver dato tutto ciò che poteva non era facile. Ma allora perché non andare oltre ,perché non esplorare cosa può esserci dietro la tela di un film levigato e a tratti formalmente perfetto ? Perché non avere più coraggio nel " reinventare " il genere della commedia musicale ? ( un po' come fecero  Altman o Scorsese per i film polizieschi o le commedie sofisticate, " dinamitate " dall'interno ). Aspettiamo a vedere. Il cinema, specie quello americano, sa darci sempre nuove sorprese. E nel frattempo, senza complessi di colpa, godiamoci il tenue fascino che, onestamente, ispira  questo " La La Land ". Magari avendo in mente la curiosa annotazione del critico del " New Yorker "  , Anthony Lane , che recensendo questo film diceva  pressappoco : "Ad un certo punto non sapevo più se guardarlo o mettermi a leccarlo "...

3 commenti:

  1. Andate al cinema a vedere La La Land! Ho detto ai miei amici e conoscenti. Ho visto il film il primo giorno di uscita, ero molto curiosa avendo letto molte critiche. Ed aspettavo anche la sua, che condivido ed anche ammirato. Quando sono uscita dalla sala ho provato un senso di riconciliazione con la vita, per qualche momento sono scomparse le angoscia e le ansie per il nostro futuro ma sopratutto quello dei nostri figli. La sensazione piú bella é stata quella relativa ai sogni. Attraverso la musica sembra si muovono anche i sogni in crescendo. Nei passi di danza nascono é prendono forma i sogni, le speranze giovanili dei due protagonisti, il credere che qualcosa possa accadere, la bellezza di sognare come puó farlo solo un ragazzo che ha davanti tutta la vita. Questo é il messaggio che ho ricevuto, il soffermarsi della cinepresa sugli occhi di Emma Stone, bravissima, la lacrima, il sorriso, il suo silenzio, ul suo sguardo, mi ha rapito e portato indietro nel tempo, quando e dove il sogno aveva uno spessore immenso perché il cammino della vita stava per iniziare. Un film pulito, rassicurante, piacevole in cui il sognare é il motore per realizzare le nostre aspettative ed i desideri. Bellissima la scena del ballo nel sito astronomico di Los Angeles... Le stelle, i sogni!

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    1. Gentile Francesca, il Suo entusiasmo e' contagioso! Andro' a rivedere il film per una seconda valutazione.Le faro' sapere...

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