Questo, in realtà, per dirvi che sono andato a vedere " Arrival " con qualche esitazione e solo perché ho sentito parlare bene del regista, il franco-canadese Denis Villeneuve. Questi, eclettico nelle scelte, lavora ormai stabilmente per il cinema USA ( anche se il film, per motivi di budget, è stato girato a Montréal simulando lo stato del Montana ) e sta completando il " sequel " di " Blade Runner ". Insomma, un predestinato al successo di pubblico ma con un occhio attento al cinema di qualità. Buon prodotto del resto, questo " Arrival ", visivamente splendido. Ricorda, a tratti, il cinema di Terrence Malick - quello di " Tree of life " - nell' impeto lirico e nella quiete al tempo stesso delle immagini . Soprattutto un film che racconta una storia di fantascienza ma lo fa in veste allegorica e senza abusare di effetti speciali. Un film che si affida più alla riflessione ed agli echi sottili che può suscitare nello spettatore che alla magniloquenza dell'impianto scenografico ( qui ridotto al minimo indispensabile, tanto per non deludere le attese degli appassionati di " science fiction "). Una storia di alieni che con le classiche astronavi - una via di mezzo tra un gigantesco guscio di noce e un enorme pallone da rugby - scendono verso la terra ma non vi posano il piede ( in questo caso, come vedremo, piuttosto le zampe o i tentacoli... ) preferendo che siano i terrestri a prendere contatto con loro. Il contatto, la comunicazione quindi - visto che gli alieni sembrano emettere solo suoni inarticolati e vagamente minacciosi - presuppone forzatamente l'assistenza di qualcuno in grado di comprendere che cosa vogliano. Ed è qui che il film comincia, raccontato in un lungo " flash back "- inframezzato da improvvisi salti nel futuro - dalla protagonista, una giovane donna separata dal marito e a cui è appena morta la figlia, una adolescente affetta da una rara malattia. La donna ( Amy Adams ) è una esperta glottologa che insegna all' Università, ha collaborato in passato con i servizi segreti per qualche traduzione di materiale sensibile e in virtù dei suoi precedenti viene letteralmente prelevata dalle forze di sicurezza e condotta sul luogo dove, ferma in aria a poca distanza dal terreno, si trova un'astronave venuta dallo spazio extraterrestre contenente le misteriose "creature " di cui non si capisce quali siano le reali intenzioni ( sapremo poi che altre undici astronavi, in tutto simili alla prima, si trovano sospese, nello stesso momento, sopra il suolo di altri undici paesi nei cinque continenti, tra cui Russia e Cina ).
L'inizio del film è perfetto. La donna è appena tornata a casa dopo una lezione nel " campus " universitario, interrotta da un allarme generale che ha fatto allontanare tutti gli studenti. Un'atmosfera irreale, fatta di sospensione e di sgomento aleggia sulle cose e la natura circostante. Mentre lei è al tavolo di lavoro nella semioscurità, una presenza si manifesta improvvisamente nella stanza. E' un solido, massiccio colonnello afroamericano dell'esercito ( Forrest Wittaker ) venuto appositamente per condurla al campo base e da lì farla incontrare con gli alieni. Un inizio tenuto volutamente su di un registro " basso ", lontano dalla concitazione e dall'isteria cui si sarebbe prestato in una storia del genere. Una scena che ricorda il miglior Hitchcock ( ricordate gli inizi egualmente in tono minore di "Gli uccelli " e di " Psyco " ? ) anche per la raffinata sintassi visiva ( una alternanza sapiente di campi lunghi, piani ravvicinati, primi piani, che ci introducono nella vicenda e ci presentano il personaggio principale con sobrietà ed eleganza ).Tutta l'opera , del resto, non va mai sopra le righe anche nei momenti più drammatici, sorretta - occorre dirlo - da una recitazione quanto mai puntuale e controllata, specie per la Adams, giustamente candidata all' Oscar 2017 per questa interpretazione. Degli alieni, che la professoressa finalmente incontra , non dirò molto, anzi nemmeno quel poco perché è giusto che li scopriate da voi. I primi approcci non sono molto incoraggianti, sia per le difficoltà di traduzione che per la vaga impressione che le strane creature abbiano un atteggiamento minaccioso verso gli umani. I primi successi della professoressa- propiziati dalla sua naturale empatia e dal vivo desiderio di comunicare - consentiranno, poco per volta, una migliore comprensione. Ma il tempo incalza e la Russia e la Cina sembrano voler approfittare delle circostanze per smarcarsi dalla provvisoria intesa con gli Stati Uniti, minacciando così la pace mondiale.
Il messaggio del film è abbastanza semplice e rischia talvolta di sembrare senz'altro semplicistico. Gli abitanti di un mondo lontano dal nostro non vanno antagonizzati solo perché diversi ( anche noi lo siamo per essi... ) ed occorre per questo un effettivo sforzo di reciproca fiducia e di mutua comprensione. Per reagire efficacemente ad una situazione nuova l'umanità deve fare fronte comune ed abbandonare gelosie , particolarismi, desideri di supremazia. Gli alieni si sono diretti sulla terra, con tutta probabilità, proprio per porre termine a questo stato di cose ed indurci ad una sorta di grande, pacifica coalizione che ponga termine , sperabilmente per sempre, al belluino stadio del " tutti contro tutti ". Come si vede, quasi una favoletta . Graziosa , morale ed asettica, bene accetta da tutti. Questo è il limite della fantascienza. Per uscire da una situazione imprevedibile ed abnorme ( gli alieni, la guerra dei mondi, in prospettiva la distruzione del pianeta) non c'è nelle sue storie che l'automatico ritorno - o l'approdo, come preferite - ad una sorta di età dell'oro, senza conflitti, senza guerre, senza quiproquo. Se ci accontentiamo, perché no ? Qui la sceneggiatura, a dire il vero, non soccorre molto ( il regista non ne ha colpe, non avendovi apparentemente messo le mani ) e non riesce a dare alla vicenda uno spessore maggiore, che la mantenga sempre al livello di una autentica meditazione sulle sorti dell'umanità e non di una semplice traccia per un nuovo videogioco quale a tratti, malauguratamente, ci appare. Per fortuna, ripeto, l'interpretazione fa miracoli nel rendere credibile personaggi e storia. E poi c'è la regia di Villeneuve. Calma, felpata nel sussurrare dove altri avrebbero urlato ma pronta ad alzare il tono dell'intero film nei momenti di " pathos ", in un registro continuamente puntuale e sapiente . Una bella prova da " autore " in un film " di genere ", come si suol dire, e che quindi deve rispondere a determinate attese di un determinato pubblico. Una prova che ci ricorda come il cinema sia anche spettacolo, industria dell' entertainment , e non possa sempre e comunque rifuggire da questi parametri per confinarsi ( ancora fantascienza ! ) in una presunta "sfera pura dell'arte". Ma non per questo si potrebbe frettolosamente concludere che il cinema debba rinunciare all'intelligenza, all'ispirazione, alla spontaneità creativa di chi è chiamato a farlo. In caso contrario, e questa volta per davvero, ben vengano gli alieni a salvarci da un mondo nel quale - dolorosamente - non potremmo più riconoscerci.
Il messaggio del film è abbastanza semplice e rischia talvolta di sembrare senz'altro semplicistico. Gli abitanti di un mondo lontano dal nostro non vanno antagonizzati solo perché diversi ( anche noi lo siamo per essi... ) ed occorre per questo un effettivo sforzo di reciproca fiducia e di mutua comprensione. Per reagire efficacemente ad una situazione nuova l'umanità deve fare fronte comune ed abbandonare gelosie , particolarismi, desideri di supremazia. Gli alieni si sono diretti sulla terra, con tutta probabilità, proprio per porre termine a questo stato di cose ed indurci ad una sorta di grande, pacifica coalizione che ponga termine , sperabilmente per sempre, al belluino stadio del " tutti contro tutti ". Come si vede, quasi una favoletta . Graziosa , morale ed asettica, bene accetta da tutti. Questo è il limite della fantascienza. Per uscire da una situazione imprevedibile ed abnorme ( gli alieni, la guerra dei mondi, in prospettiva la distruzione del pianeta) non c'è nelle sue storie che l'automatico ritorno - o l'approdo, come preferite - ad una sorta di età dell'oro, senza conflitti, senza guerre, senza quiproquo. Se ci accontentiamo, perché no ? Qui la sceneggiatura, a dire il vero, non soccorre molto ( il regista non ne ha colpe, non avendovi apparentemente messo le mani ) e non riesce a dare alla vicenda uno spessore maggiore, che la mantenga sempre al livello di una autentica meditazione sulle sorti dell'umanità e non di una semplice traccia per un nuovo videogioco quale a tratti, malauguratamente, ci appare. Per fortuna, ripeto, l'interpretazione fa miracoli nel rendere credibile personaggi e storia. E poi c'è la regia di Villeneuve. Calma, felpata nel sussurrare dove altri avrebbero urlato ma pronta ad alzare il tono dell'intero film nei momenti di " pathos ", in un registro continuamente puntuale e sapiente . Una bella prova da " autore " in un film " di genere ", come si suol dire, e che quindi deve rispondere a determinate attese di un determinato pubblico. Una prova che ci ricorda come il cinema sia anche spettacolo, industria dell' entertainment , e non possa sempre e comunque rifuggire da questi parametri per confinarsi ( ancora fantascienza ! ) in una presunta "sfera pura dell'arte". Ma non per questo si potrebbe frettolosamente concludere che il cinema debba rinunciare all'intelligenza, all'ispirazione, alla spontaneità creativa di chi è chiamato a farlo. In caso contrario, e questa volta per davvero, ben vengano gli alieni a salvarci da un mondo nel quale - dolorosamente - non potremmo più riconoscerci.
Purtroppo non amo i film di fantascienza, non riesco ad entrare nelle storie di extraterrestri, di effetti speciali, di altri mondi immaginari. L'ultimo che ho visto é stato E.T. Sempre interessante il suo commento.
RispondiEliminaNon credo che siamo in pochi a pensarla in questo modo...Poi, naturalmente ,anche un film di (moderata ) fantascienza come " Arrival " riesce a farsi vedere. Ma è l'eccezione che conferma la regola
EliminaAnche i film di fantascienza non attirano molto ma la tua interessante critica mi spinge ad andarlo a vedere.
RispondiEliminaSono curioso di sentire cosa ne pensi....
EliminaUn "a me" è rimasto nella penna, anzi nel dito.
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