martedì 17 gennaio 2017

" Allied " di Robert Zemeckis ( USA, 2016 ) - " L' agente segreto " di Alfred Hitchcock ( Gran Bretagna, 1936 )

 .Mi scuso con gli estimatori della brava attrice francese Marion Cotillard e con le ammiratrici ( ben più numerose, ritengo ) di Brad Pitt se, parlando di " Allied ", darò loro un dispiacere. I due attori - la parola " divi " ormai è superata... - sono bravi, o almeno bravini, ma il film funziona fino ad un certo punto e rischia, in definitiva, di stingere sulla loro interpretazione. Proprio come è successo con  "Florence " dove, nonostante i lodevoli sforzi di Merryl Streep e di Hugh Grant, la storia non riesce a decollare e rimane nel limbo del semplice aneddoto. Colpa, in quel caso , di una sceneggiatura molle e sfilacciata cui non riesce a fungere da necessario contrappeso una regia ispirata o quanto meno avvertita e partecipe.
Fattispecie analoga, o almeno di poco superiore come risultati, è il nuovo film di Robert Zemeckis. Se il nome di costui ( 65 anni, americano di Chicago ) non vi evoca qualcosa di particolare mi permetterò di ricordarvi due tra i suoi  film ,  entrambi migliori di " Allied " , che risalgono agli anni '80 e forse avrete visto : " Ritorno al futuro " e " All'inseguimento della pietra verde " ( "Romancing the Stone" , nel titolo originale ). Due operine, parliamoci chiaro, non due film memorabili. Ma garbate, divertenti, affidabili. Diversamente- e adesso vedremo brevemente perché- dall'ultima fatica di questo regista. Peccato, preferisco dirlo subito, perché lo spunto di partenza era buono ( un coraggioso ufficiale canadese - Brad Pitt - viene paracadutato in Marocco durante la seconda guerra mondiale per compiere un clamoroso attentato contro gli occupanti nazisti, affiancandolo come copertura ad una moglie fittizia - Marion Cotillard - in realtà a sua volta una ancor più intrepida partigiana della Francia gollista ).

Penso che siate tutti d'accordo sul fatto che il cinema , arte visiva più di ogni altra, necessiti peraltro di storie, e quindi di sceneggiature, solide e coerenti. Non importa il grado di verosimiglianza delle storie in questione, che possono essere realistiche, magari ispirate a fatti realmente accaduti . Oppure  in parte o del tutto fantastiche, oniriche, frutto più della fantasia di chi le ha concepite che dell'osservazione della realtà presente o passata. Ciò che conta è che funzionino perfettamente e che tengano desta l'attenzione e l'emozione estetica dello spettatore sorreggendole sino alla fine. Una buona, anzi una ottima sceneggiatura, rappresenta il " fil rouge " che annoda le diverse parti , le scene e le sequenze in cui si articola un film, dandogli un tono ed un significato particolare , coerente con le immagini che appaiono sullo schermo, con la descrizione dei personaggi, con il loro agire, con le emozioni che traspaiano dai loro volti. Ma è anche, e soprattutto, la spina dorsale del film stesso, senza la quale , come si dice efficacemente, " il film non sta in piedi ". Hai voglia a metterci attori molto conosciuti, ad ingaggiare un bravo regista, un buon direttore della fotografia. E , per soprammercato, a moltiplicare le scenografie accattivanti, gli arredamenti più accurati. Il film non funziona. E ' come un oggetto bello da guardare ma inanimato, che non ispira sensazioni decise. In definitiva, una operazione poco convincente e che lascia delusi.

Il film di Zemeckis, impeccabile come regia ( ed in questo superiore a " Florence " ) soffre di una sceneggiatura arruffona, senza molte idee ( leggete più sotto cosa dico del film di Hitchcock, che ha un punto di partenza molto simile, quasi da sospettare che gli sceneggiatori di " Allied " gli abbiano rubacchiato l'idea ). Sospeso a metà- nella prima parte -  tra una vaga atmosfera neoromantica (i punti di contatto con un film mitico come " Casablanca ", nell'improbabile confronto con le ombre della Bergman e di Bogart, inevitabilmente suggeriti dallo svolgersi della vicenda alla stessa epoca e nello stesso luogo ) e un andamento  violento e quasi farsesco tipico dei film di Tarantino, il film non trova  mai la giusta caratura. Né romanzo di guerra, nella palese inverosimiglianza di tante sue situazioni, né - specie nella seconda parte -  incursione decisa nella dimensione del fantastico ( quasi da romanzo gotico, da incubo dal quale non ci si riesce a risvegliare ) la storia rimane ibrida e insapore. Resta lo splendore formale della ricostruzione d'epoca, la buona recitazione degli attori ( menzione speciale per i begli occhi della Cotillard ) e una regia fredda ma abile nel destreggiarsi tra le palesi incongruenze  di una sceneggiatura gravemente insufficiente. Poco, purtroppo, per sollevare il film dal livello della mera sufficienza e imprimergli un segno che lo faccia ricordare. Da vedere, certo, se qualcuno mi chiedesse un consiglio, per i pregi che possiede. Ma non " da vedere assolutamente ", per intenderci, in una stagione che sta offrendo di meglio ( ed ancora di più sembra riservarci ) .


Cambiando registro, vengo concisamente al film di Hitchcock che , ben ottanta anni prima, contemplava già una coppia fittizia di spioni, questa volta inglesi, mandati durante la prima guerra mondiale in territorio neutrale ( la Svizzera delle Alpi e ... del cioccolato ) a neutralizzare una pericolosa rete di spie tedesche. Gli attori sono altrettanto " mitici " di Pitt e Cotillard -  un giovane John Gielgud  giustapposto ad una fresca Madeleine Carroll - ma molto più spigliati nel registro  "brillante " che il film coerentemente assume nonostante gli omicidi e i drammatici incidenti che  non mancano certo. La storia si dipana, questa volta,  in modo serrato e convincente. Vi è anche qui un pizzico di " romance " tra le due spie britanniche , alleggerito ( o reso più inquietante ? ) dalle ripicche e le incomprensioni tra i finti coniugi, allegoria hitchcockiana delle gioie e ... dei tormenti matrimoniali da cui il suo cinema, descrivendo i rapporti di coppia, non si è in fondo mai liberato. Vi è una leggera dose di sadica violenza ( non per nulla tra gli attori troviamo la "maschera" espressionistica di Peter Lorre ) . La trama , anche qui, non è priva di qualche smagliatura - indice che il regista non ha potuto influirvi più di tanto - ma riesce a contenere con sufficiente destrezza i diversi toni, i diversi registri su cui è modulata,  in un tutto molto più coerente che non in " Allied" . Certamente un  titolo minore ,a conti fatti, nella filmografia del periodo inglese del grande regista.

Ma sempre un " vero " film di Hitchcock, quasi il regista abbia voluto apporvi la sua firma per evitare ogni equivoco, ogni errore di attribuzione. Penso alla magistrale sequenza della " lezione di tedesco " nell'albergo alpino dove sono acquartierati tutti i personaggi. Mentre  la Carrol cerca di distrarre la moglie della sospetta spia germanica balbettando i pochi vocaboli stranieri che ricorda ( i nomi dei giorni della settimana ) fuori, su di un sentiero di alta montagna, Gielgud ed il suo aiutante ( Lorre ) debbono procedere ad eliminare la spia in questione. Il montaggio parallelo tra l'interno e l'esterno dell'albergo -  mai come qui un procedimento tecnico di grande efficacia - ci mostra alternativamente la crescente inquietudine della moglie della sospetta spia ( accresciuta dalla spasmodica irrequietezza del cane della spia , rimasto in albergo ma che " sente " che qualcosa sta accadendo al suo padrone ) e il drammatico epilogo, quasi una vera e propria  esecuzione, cui il protagonista assiste con riluttanza e senza avere il coraggio di parteciparvi. Il tema del senso di colpa che aleggia su gran parte dell'umanità- centrale nel cinema di Hitchcock -  e l'impossibilità di farvi fronte, di trovare un senso compiuto nei tragici accadimenti che spesso ci circondano, viene espresso ancora una volta con la consueta maestria e l'assoluta padronanza del mezzo cinematografico. Il merito della sceneggiatura, qui, è quello di non appesantire  i presupposti e le possibili giustificazioni di quanto accade sotto i nostri occhi. La violenza, sembra suggerire " L'agente segreto ", è sempre gratuita : è una costante della storia dell'uomo, indipendentemente dalle spiegazioni che di volta in volta possono venirvi date. E 'misteriosa e terribile di per sé, per  i meccanismi che sottende,  non per le cause che le danno origine. Una tragica constatazione cui solo l'eleganza e l'ironia del regista sanno porre provvisorio rimedio.

3 commenti:

  1. Molto interessante, la sua recensione mi rende curiosa ed andró a vedere il film per condividere la sua critica. Spero presto, grazie per la recensione. Francesca

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    1. Grazie, gentile Francesca.Attendo con gioia le Sue impressioni.
      Paolo

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  2. Cari amici, attendo altre osservazioni...

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