sabato 1 febbraio 2020

" 1917 " di Sam Mendes ( Gran Bretagna / USA, 2019 )

L'ultimo film di Sam Mendes (il regista di " American Beauty " nel 1998 e, più di recente, di  un paio di James Bond ) sta avendo dovunque, in questo mese di gennaio, un successo strepitoso. La critica - almeno quella che si è espressa sin qui - lo va incensando come una sorta di capolavoro. Il pubblico riempie le sale per vederlo e, anche qui in Italia,questo  "1917 " promette di raggiungere e superare un autentico primato di incassi. Mi dispiace quindi, sinceramente, dover ammettere che a me non è piaciuto  per niente. Sarà un mio difetto ma sono rimasto estraneo al fascino che, sento dire, il film eserciterebbe su chiunque lo vada a vedere. E il mio atteggiamento, vi assicuro, non è figlio di una sorta di pregiudizio sfavorevole verso i film che ottengono grande successo di cassetta riscuotendo nel contempo i giudizi entusiastici degli addetti ai lavori . "La dolce vita" di Fellini, esattamente sessant'anni or sono nel febbraio del 1960 suscitò, appena uscito, grandissimo clamore per le novità di forma e di contenuto e piacque tremendamente al pubblico ( tra cui, emozionato  nella folla del cinema "Fiamma " di Roma, c'ero anch'io). Un film che è graditissimo a folte schiere di spettatori non può essere etichettato, per questo, sempre e solo come un "film di cassetta" . Né la circostanza che i primi giudizi critici siano molto favorevoli  è un motivo per pensare ad una sorta di cospirazione volta, mentendo spudoratamente, ad amplificarne il successo commerciale. Penso piuttosto, in questo caso, ad una sorta di diffuso equivoco  sulla natura del cinema come forma di espressione o, se preferite, di nebbia estetica e morale che ha causato qualche confusione e che, per fare chiarezza, occorrerà  dissipare.

 Il film - ormai anche chi non lo ha visto ne è al corrente - è la storia di due giovanissimi soldati inglesi incaricati,  sul fronte francese durante la prima guerra mondiale, di una missione davvero "impossibile". Contro i mille pericoli costituiti da un nemico insidioso e contro il poco tempo a disposizione essi, soli, appiedati e senza alcun supporto, debbono raggiungere infatti prima dell'alba un altro reparto del loro esercito per avvertirlo di non attaccare, contrariamente agli ordini ricevuti in precedenza, lo schieramento tedesco evitando così di cadere in un mortale, sopravvenuto tranello.Per le due ore o poco più di durata del film la cinepresa bracca letteralmente i due soldatini nella loro affannosa missione mediante quello che sembra un unico, ininterrotto "piano sequenza" ( cioè una ripresa senza " stacchi " da una inquadratura all'altra, fluida e continua , con la cinepresa che si muove all' interno del piano medesimo per seguire i movimenti dei personaggi e lo sviluppo dell'azione ).In realtà, come risulta  evidente, il " montaggio " c'è anche qui, appena mascherato, anche se le inquadrature restano insolitamente lunghe e costituiscono comunque un risultato tecnico non indifferente. L'obiettivo insito in  una scelta formale come questa è quello, intuitivamente, di coinvolgere maggiormente lo spettatore, di farlo sentire come se vivesse realmente gli avvenimenti raffigurati sullo schermo : emozionarlo, impaurirlo, condurlo conseguentemente ( si presume ) a riflettere sull'orrore e l'inanità della guerra, ogni guerra. Bene, non sarò certo io a condannare finalità di questo genere. I film di guerra e quelli, tra di essi, apertamente antimilitaristi sono una folta schiera e vi si annida più di un capolavoro.Il primo nome ad emergere, visto che si parla della " grande " guerra, è quello di "Orizzonti di gloria ", lo splendido film di Stanley Kubrick, girato nel 1957 ed ambientato su quello stesso fronte francese dove si svolge l'azione di "1917". Fare confronti è sempre un tantino ingeneroso e non tiene conto dell' " unicum " che in fondo rappresenta ogni film , come del resto ogni altra opera d'arte. Eppure, come non rifarsi al film di Kubrick- esteticamente superbo, rapido ed asciutto, ideologicamente coerente ed onesto - per accorgersi di quanto il film di Mendes sia figurativamente debole e politicamente inconsistente. Con grande economia di mezzi, uno stile semplice eppure potente,  "Orizzonti di gloria " ( che ha anche al suo interno uno o più,  ma ben  contenuti, piani-sequenza nelle trincee di ardimentosa bellezza ) riusciva a far condividere allo spettatore emozionato e sconvolto un sicuro, forte sentimento antibellicista. " 1917 ",con tutto il suo sfoggio di bravura formale e di orrori di ogni sorta, non riesce che ad ingenerare reazioni di epidermica paura, quasi fossimo entrati in uno di quegli innocui  " tunnel dell'orrore " che abbondavano un tempo in ogni luna-park, e a sollecitare, al più,  la scontata sensazione dello spettatore che è certamente meglio starsene sul divano di  casa propria ( o su una comoda poltrona di cinema ) che andare in guerra  a rischiare la pelle .

Spettacolare, nel senso più strettamente letterale del termine, il film lo è certamente. La bravura dell'operatore alla cinepresa- che ha certamente, specie all'aperto, dovuto sormontare difficoltà non indifferenti - è fuori discussione. Ma il partito preso formale del regista, quel lungo vero o falso che sia piano-sequenza, è esteticamente e ideologicamente valido ? Riesce a comunicarci, come probabilmente vorrebbe, un vero senso di sgomento e di angoscia e, insieme, il ripudio della violenza bellica, della inutile , sanguinosa " matta bestialite " che assale l'uomo quando va in guerra ? Sulla scorta di quanto ho visto e "non" provato, ne dubito fortemente.La tecnica di per sé non è sufficiente per convincerci delle intenzioni dell'autore. Queste possono anche essere "vestite" da questa o quella inquadratura, dal ritmo impresso alla successione delle sequenze, dal tono generale del  film così come emerge dalla fotografia, dalla scenografia, dalla musica, dalla stessa recitazione. Ma " dietro " , o meglio " prima ", occorre pure che a sorreggere la tecnica vi siano - e siano appunto visibili, almeno in filigrana - le " ragioni morali " ( nel senso della specifica visione della vita, con il bene , il male, il peccato, la redenzione eccetera ) che l'artista non può non avere ed è naturalmente portato, quando è vero artista, a riversare nella propria opera. Non so più quale critico francese ( forse André Bazin ) dicesse una volta che, al cinema,   " il travelling implica una morale ".  Intendeva così sottolineare che la tecnica, anche quella apparentemente più neutra ( il " travelling " è il movimento della macchina da presa impiantata su di una rotaia scorrevole per poter effettuare, appunto, una carrellata laterale, oppure in avanti o all'indietro ) deve corrispondere ad un preciso " punto di vista " ideologico del regista. Qui , purtroppo, Mendes non è  minimamente riuscito ad uscire dalla trappola di una bravura tecnica fine a sé stessa, avulsa da qualunque contenuto morale. Incapace di trasmettere autentiche emozioni perchè privo, all'origine, di una visione che superi l' angusto ambito della " forma " nel quale ha scelto di confinarsi. Film " di " violenza più che " sulla " violenza , semplice " avatar ", a tratti, delle figure iperrealistiche di tanti video-giochi che concorrono oggi a formare l'immaginario visuale dello spettatore medio, specie il più giovane, " 1917 "  resta ancorato ad un " significante " inibito di qualunque significato. Paradigma di morte che non trova riscatto in nessuna speranza di vita, cinema spogliatosi di qualunque trascendenza,  mezzo di espressione irrimediabilmente senza uno sbocco.

Please find here a short commentary in English on this film :

" 1917 ", the latest film by the english director Sam Mendes ( " American Beauty ", "Revolutionary Road " ) is having considerable success both by the public and the critics. As a matter of fact, this story of the First World War is purely based on technical elements of  some interest ( an apparent long single frame shot following two british soldiers on a dangerous and frightening mission ). What is totally missing here is a " vision " that might raise the film to something more substantial and morally consistent than some kind of " video-game ",  less a violent film than an appropriate reflexion on violence itself. Pity, "1917" ( candidate to 10 Academy Awards ! ) will not last in our memory of cinema lovers.


Veuillez trouver ci-dessous s.v.p. un court commentaire sur ce film en francais :

" 1917 ", dernier film de Sam Mendes, directeteur anglo-américain plutot controversé, est une grande déception. Pourvu d'une technique époustouflante ( tourné en digital, on le dirait  fait, en grand partie, d'un très long plan-séquence en extérieur qui a du surmonter pas mal de difficultés pour etre réalisé ) il est tristement dépourvu de toute " vision " personnelle sur la guerre et la violence qui puisse l'élever du statut de simple avatar des pires vidéo- jeux à  une véritable  réflexion sur ce qui emmène l'homme à tuer d' autres hommes. Dommage, voilà un film qui ménace de rester fort peu de temps dans la mémoire du spectateur cinéphile.

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