lunedì 22 aprile 2019

" CYRANO " di Alexis Michalik ( Francia, 2019 )

Ecco ( finalmente ! , qualcuno dirà ) un film divertente , ben girato e niente affatto stupido. Che una certa critica però, come se fosse un reato saper intrattenere il pubblico in maniera piacevole ed intelligente, si è  subito incaricata di bastonare. " Eccessivo ",  "sovraccarico ", " artificioso ": questi alcuni degli aggettivi che, specie in Francia, terra di origine del film,  sono stati impiegati per giustificare il nasino arricciato di più di un  recensore. Che cosa gli si rimprovera , in definitiva  ? Forse di essere troppo semplice e diretto,  non abbastanza sofisticato, involuto, arcano, nel raccontare, sia pure con qualche licenza, il concepimento e la messa in scena a Parigi, l'anno 1897, del capolavoro di Edmond Rostand che porta lo stesso titolo, qui da noi, del film ( nell'originale  quest'ultimo si chiama invece " Edmond " ). Un dramma in versi e in cinque atti scritto da un Rostand non ancora trentenne ma già autore di un certo peso e che trovò appunto, con la bizzarra e suggestiva vicenda ispirata alla figura di Cyrano de Bergérac, poeta e soldato del diciassettesimo secolo, la sua definitiva consacrazione.  E ancor oggi rappresentato  ed amato da un pubblico che permane sensibile al suo efficace misto di romanticismo e di invenzione fantastica. Trasposizione cinematografica di una commedia  scritta e diretta, a sua volta,  dallo stesso regista e sceneggiatore del film, il giovane ma dotatissimo Alexis  Michalik, grande successo negli ultimi tre anni,  " Edmond " o se preferite " Cyrano ", sarebbe, secondo una critica che ho letto, addirittura troppo "cinematografico ". Quasi a rovesciare il rimprovero che si muove spesso alle opere nate per la scena di essere, quando trasferite sullo schermo, ancora troppo teatrali. Con tutta evidenza questo Michalik, ricco di talento ed uomo di successo, deve dar fastidio a più d'un collega.

La vicenda del film immagina dunque ( non posso dire con quanta verità storica , ma non sta qui il punto ) che il giovane Rostand, già sposato , con due figli piccolissimi, a corto di quattrini e con poco credito verso gli impresari che diffidavano delle sue opere rigorosamente in versi , sia stato costretto  per esigenze professionali a mettere in piedi in fretta e furia una nuova "pièce " per  darla al famoso attore Constant Coquelin che era ben disposto a rappresentarla. Trovando ispirazione - qui la pura invenzione di Michalik -  nella curiosa, romantica vicenda  che lo aveva fatto diventare, nella vita, " consigliere galante "  di un suo amico, un giovane attore di lui molto più attraente ma letterariamente sprovveduto, innamorato della sarta di scena Jeanne da cui anche Rostand era , più  platonicamente, affascinato. Il commediografo, per aiutare l'amico,  scriveva a suo nome lettere piene di " charme " e di poesia alla bella Jeanne che così ( all'oscuro di quel maneggio ) si  accendeva sempre di più di passione per il bello ma insulso commediante.  Ecco così che nell'opera che prepara di gran lena perchè possa essere messa in scena al più presto, Edmond immagina che Cyrano, gran poeta ma poco avvenente e dotato di un naso a dir poco ...enfatico, sacrifichi ancorchè innamorato della bella cugina Roxanne il proprio impossibile obiettivo sublimandolo nel successo amoroso dell'amico Christian da lui aiutato a scrivere dolcissimi versi per la donna amata da entrambi. Anzi, in una famosissima scena della " pièce " teatrale, Cyrano fingendosi nell'oscurità addirittura Christian rivolge a Roxanne affacciata ad un balcone le più belle parole d'amore che la propria personale e  sfortunata passione gli ispira. Proprio come, nella realtà  era occorso di fare ad Edmond nei confronti di Jeanne per dare una mano a Léo.  Può sembrare , tutto questo, un tantino forzato. Ma la recitazione degli attori del film, il ritmo e la disinvoltura filmica del regista gli conferiscono invece una patina di verità che colpisce ed alla fine commuove. Crediamo anche noi spettatori che Rostand , scrivendo le parti di Cyrano, Léo e Roxanne,abbia voluto in un certo senso  rivivere poeticamente la propria vicenda reale, le proprie emozioni, le proprie irrealizzabili illusioni. L'arte che non tanto imita la vita , come a volte banalmente si dice, ma sussume piuttosto nel regno magico della poesia ogni umana vicenda.

Se questi, molto in sintesi, ne sono il punto di partenza e l'ossatura centrale, il film  è in realtà molto più ricco di vicende parallele, di spunti comici e brillanti che ne fanno, complessivamente, un gran bell'omaggio al teatro di una volta e a tutti coloro che , trovandovi gioia e ragione di vita, vi hanno dedicato la propria esistenza. Si va dalla compagnia di attori  che debbono mettere in scena " Cyrano de Bergérac " ( prime donne bizzose e colleriche, capicomici gigioni, comprimari frustrati e brontoloni, ma tutti sinceramente dedicati al palcoscenico ) ai proprietari di teatro sempre preda di  mille difficoltà, ai finanziatori avidi ma in fondo disponibili a rischiare, a tutto il piccolo mondo degli addetti alle scene , alle luci , ai costumi. Tutto quanto era, all'epoca, dedicato ad un pubblico che  gremiva letteralmente le sale , idolatrava gli autori e gli attori e dal teatro incominciava appena a lasciarsi distogliere   grazie ad un'arte cinematografica ancora agli albori.  La ricostruzione che fa  Michalik di quest'epoca e di questo ambiente è frastagliata, iconograficamente splendida, vivace e divertente quanto serve. La Francia e l'Europa vivevano gli ultimi anni di una temperie storica irriproducibile, mentre si avvertivanono i primi scricchiolii dello spalancarsi di un  nuovo secolo foriero di lutti e di distruzioni ( Rostand farà in tempo, prima di morire ancora giovane nel 1918 , a conoscere il crollo degli Imperi centrali e della Russia zarista, autentica cesura storica con un vecchio mondo destinato alla totale disparizione ).C'è, in tutto il film, che pur riesce a  mantenere  fede al suo intento principale di divertire il pubblico, quasi il presentimento di questa fine di un'epoca, dell'inevitabile venir meno di tante illusioni e  convenzioni sociali ; ma anche, più dolorosamente, del decadimento della poesia, della grazia, dei buoni sentimenti. Un film , quindi, assorto nella descrizione di un mondo che , come Cyrano nell'ultima scena, è destinato a scomparire per sempre.

Quanto ho appena osservato serve a fare giustizia di un 'altra critica che ho visto muovere al film. Quella di superficialità, unita alla scarsa originalità della trama. Superficiale il film non lo è per niente. Le situazioni , umane , sociali, storiche, artistiche che vengono presentate sono sempre trattate, come ho detto,  con toni molto giusti ed indicati. Si ride spesso in " Cyrano " , questo è vero. Se ciò è merito di Michalik, non certo difetto, l'autore sa anche toccare con delicatezza e misura i tasti del rimpianto, della rinuncia, del sacrificio ( si veda la scena dell'addio tra Edmond e Jeanne ). Il mondo del teatro, questo è vero, non è certo la prima volta che viene portato allo schermo. Ma ancora Michalik riesce a conservare un tocco di originalità, un singolare " mix " di verismo ed illusione che impedisce al film di scivolare nel corrivo, nell'aneddotico, nel banale.Gli uomini e le donne , teatranti, borghesi, gente del popolo, che ci vengono posti sotto gli occhi hanno il fascino discreto della vera vita sublimata dall'arte, di un mondo cioè che partendo dalla realtà contingente si solleva verso quell'assoluto  che è rappresentato dai valori ideali ( la bellezza, la grazia , l'amore ) verso i quali tutti, magari inconsapevolmente, tendiamo. Per evidenziare ciò erano necessari attori capaci di immedesimarsi relisticamente nella parte loro assegnata, ma in grado sempre di far intuire anche  qualcosa di più, uno spiraglio appunto verso una dimensione che realistica non è più tanto. Operazione riuscitissima per il protagonista, Olivier Gourmet, magistrale come sempre, ora che si è pienamente affermato nel cinema d'Oltralpe. Ma tentata, sostanzialmente con successo,  da tutti gli altri attori. Come non citare qui la splendida, vibrante , Jeanne di Lucie Boujenah : un'autentica rivelazione. Resta da parlare brevemente del regista ( al suo primo lungometraggio ) . Alexis Michalik - e qui dò una  piccola parte di ragione ai suoi critici- è tecnicamente bravissimo : sa dove mettere la macchina da presa, cura le inquadrature con grande precisione. Ma a volte vuole strafare. Abusa un pò dei movimenti di macchina , carrellate che non finiscono mai, movimenti di gru non sempre indispensabili. Peccati di un neofita, verrebbe fatto di dire. E diciamogli grazie, piuttosto, per averci regalato cento minuti di serenità, di gioia e di sottile emozione.


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