domenica 7 gennaio 2018

" CORPO ED ANIMA " di Ildiko' Enyedi ( Ungheria, 2017 )

Innanzitutto, lasciatemelo dire, che bel titolo ! Lo so , i film ,come i libri,  non si giudicano " a priori " da quella che è solo  una etichetta esterna, una pura enunciazione del loro contenuto  o della loro ispirazione ( spesse volte poi nemmeno frutto della mente dell'autore ma consigliata da sapienti esperti di " marketing " allo scopo di risultare più allettante per il pubblico dei " fruitori " ). Eppure, nel caso di questa timida eppure impavida signora ungherese di 62 anni  che ne è la regista, Ildikò Enyedi - di cui, giuro, nulla mi era noto fin ad oggi - sono sicuro che è stata lei a sceglierlo. Tanto esso è perfettamente aderente alla tematica di questa creazione così  singolare e suggestiva di cui ha , da sola , scritto anche la sceneggiatura ( e bene hanno fatto,qui, i distributori dei vari Paesi a  limitarsi a tradurre il titolo originale). 
Corpo ed anima . Una chiara  antitesi, diremmo a prima vista,  tra quanto di concreto, materico , immediatamente conoscibile è nella nostra natura e l'elemento aereo, sottile, che del primo  è in un certo senso prigioniero ma che ognuno di noi, pur senza averne una evidenza altrettanto palese, sa che esiste  e di cui avverte, a tratti, l'incoercibile immanenza. Materialità e spiritualità dunque, spesso in  drammatico conflitto ( ed è il tema, visitatissimo, di tanta arte dal Medio Evo ad oggi ). Ma anche il binomio che racchiude le due componenti inscindibili della persona umana e  che occorre pur riconciliare per ritrovarne l'armoniosa interezza. Un argomento, come si vede,  certo non nuovo ma che qui viene coniugato in un modo così originale ed intelligente da risultare fresco e  rigenerante come l'acqua del ruscello di cui, in alcune belle sequenze oniriche del film, si dissetano gli animali nella foresta innevata.

La presenza, la preponderanza quasi assoluta dei corpi è ben evidenziata fin dalle prime inquadrature del film. Siamo in un mattatoio pubblico e , in sequenze di sapore quasi documentaristico, assistiamo all'uccisione  sistematica e cruenta dei bovini che verranno trasformati immediatamente in grossi pezzi di carne pronti per il consumo. Sequenze che, a parte la repulsione anzi l'orrore che possono destare in alcuni, ci introducono in un mondo dove gli animali ( anche gli esseri umani, ci vien fatto di pensare...) assunti nella loro pura sostanza e  pesantezza corporea, appaiono inevitabilmente destinati ad una fine che ne cancella la stessa identità. Trasformazione materica rituale ed obbligata cui fa riscontro l'opacità e l'indifferenza del contesto ambientale. Un microcosmo, non tanto poi diverso da un qualunque  altro luogo di lavoro, che ci viene descritto in pochi ma significativi tratti come popolato da impiegati e operai dediti alle tante piccole preoccupazioni ed ipocrisie che segnano la vita di tutte le comunità umane : desideri palesi o repressi,  incontri e scontri dettati da invidie, gelosie, attrazioni ed oscure avversioni, la necessità di nutrirsi. Insomma il corpo, sempre lui , con la sua incoercibile urgenza , con lo stesso ritmo fatale che conduce alla sua distruzione.
Su questo sfondo realistico ( e , mi rendo conto, grave anche se ingentilito da un  sottile umorismo così tipicamente ungherese ) si innesta una bellissima vicenda che dà senso al titolo del film . Una vicenda umanissima, una storia d'amore come tante eppure insolita,dai tratti quasi magici e fantastici. Come magico e fantastico è il nostro mondo interiore, quell'anima  appunto che  è dentro l'involucro corporeo e anela ad una vita propria che sembra volersi sottrarre , a volte , alle stesse leggi del  luogo in cui abita. Ma che con il corpo, come è naturale che sia, occorre  che alla fine  si riconcili ed unisca nella pienezza dei sentimenti e  delle emozioni, di quanto cioè rende fragile e forte al tempo stesso la persona umana. Una vicenda di cui non desidero , qui, dire di più . Perchè mi pare giusto che quanti (e spero non siano pochi ) andranno a vedere il film la scoprano da soli e da soli ne percorrano il filo conduttore, così intelligentemente dipanato da Ildikò Enyedi. Progressione a tratti lenta, in altri concitata, ma sempre di  forte  impatto emotivo sullo spettatore che abbia avuto l'accortezza di abbandonarsi fiducioso allo scorrere delle immagini e dei dialoghi.

Merito non secondario del film mi pare sia quello di essere  in larga parte decontestualizzato dal punto di vista temporale e geografico. Nulla, a parte i nomi dei personaggi, ungheresi perchè ungherese è l'autrice, ci dice dove e quando si svolga la vicenda . Vicenda, certo, ambientata ai nostri giorni, ma in una mera e contingente contemporaneità con la sua fruizione da parte degli spettatori di oggi, senza che ciò assuma un significato " storico " qualunque. Come la stessa circostanza che sia ( presumibilmente ) localizzata in Ungheria - i riferimenti visivi che corroborino questa sensazione sono peraltro molto scarsi - non le conferisce alcuna " tipicità " ambientale . Fedele ad un cinema , quello  magiaro, spesso avulso da precisi riferimenti spaziotemporali ( si pensi a certi film di Jancso, di  Istvan Gaal o, per venire ai giorni nostri , di Mandruzsko e, in ultima analisi, allo stesso lodatissimo " Il figlio di Saul "  sullo sterminio degli ebrei) " Corpo ed anima " prescinde vittoriosamente da ogni pesantezza sociologica. La vicenda che ci viene esposta, i personaggi che ci vengono tratteggiati, acquistano così ancora maggiore forza , maggiore esemplarità, finendo - non tanto paradossalmente - con l'apparire ancora più veri e credibili. Ad accrescere questa sensazione di " spaesamento " contribuiscono le molte inquadrature in primo o primissimo piano che la Enyedi sembra prediligere. Sguardi, occhi, particolari dei corpi,umani ed animali, oggetti filmati da vicino o vicinissimo per far acquisire ad essi una " metafisicità " funzionale al significato del film , cioè per dargli una pregnanza che vada ben al di là del semplice dato materico e che gli conferisca un valore emblematico. Ed in questo mi pare di poter dire che il cinema di questa regista non più giovanissima sia esemplarmente " femminile ", cioè intuitivo, significante, tenero e crudele al tempo stesso, come- per citare la prima donna regista che mi viene in mente - il cinema dell'australiana Jane Campion  ("La lezione di piano ", " In the cut " ).Cinema ( giustamente ) inquietante, fatto per scuotere le coscienze, per emozionarci .

Se grandi sono i meriti della Enyadi regista , il contributo della sua sceneggiatura alla riuscita del film è innegabile. Il punto di partenza , l'assunto narrativo, lo sviluppo drammatico della vicenda, il modo in cui vengono caratterizzati i personaggi, anche quelli minori, mi è parso senza difetti ( salvo qualche trascurabile indulgenza in alcuni dettagli narrativi, e ognuno potrà scoprire da sè dove siano i punti nella trama di maggiore debolezza ). I due personaggi principali sono peraltro di assoluta forza filmica per come sono stati concepiti e sviluppati, specie quello dell'uomo, meno prevedibile della giovane donna che gli è contrapposta, anche se quest'ultima riesce a prendersi sulle spalle il maggior peso di una storia così pura e lineare ma che rischierebbe, in altre mani, di cadere nel patetico o addirittura nel risibile .
La fotografia, di bellissima evidenza quasi astratta nelle scene girate nelle abitazioni dei due protagonisti, le sequenze " oniriche ", forse realizzate con gli odierni prodigi del digitale ma comunque magnificamente orchestrate, la musica sobria ed efficace, la scenografia di grande gusto ed impatto visivo, tutto testimonia dell'altissimo grado di capacità tecnica raggiunto dal cinema ungherese ( si sa che non pochi film " hollywoodiani " sono girati oggi, almeno in parte, sulle sponde del Danubio... ). Ho lasciato da ultimo la recitazione nel film , affidata ad attori per me sconosciuti o poco riconoscibili ( manco dall' Ungheria da quasi dieci anni ) non perchè sia la parte più trascurabile. Ma perchè, non avendo potuto vedere il film in versione originale ancorchè , fortunatamente, sottotitolata, non posso giudicare- almeno dal punto di vista  del sonoro - quanto siano bravi e carismatici gli interpreti. Ma i loro volti, la loro espressività, il loro modo di muoversi nello spazio, mi sono sembrati eccellenti e completano certamente un cast di primissimo rilievo.
Il film , al pari di " The square " e di " Loveless ", di cui qui vi ho già parlato, è candidato all' Oscar di quest' anno per il miglior film di lingua non inglese. Chiunque vinca, sarà anche quest'anno ( nel 2017 prevalse giustamente l'iraniano " Il cliente " ) un grande vincitore.



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