lunedì 22 gennaio 2018

" L'ORA PIU' BUIA " di Joe Wright ( Regno Unito, 2017 )

Nel Maggio del 1940, ricorderete, Hitler sembrava sul punto di vincere la guerra e di impadronirsi di una buona fetta di Europa. Sconfitta e smembrata la Polonia, invase Danimarca e Norvegia, travolti Belgio e Olanda, la Francia in procinto di abbandonare ogni resistenza , l' obiettivo successivo era diventata verosimilmente la stessa Gran Bretagna. Qui il primo ministro conservatore  Chamberlain (" l'uomo di Monaco " che tante illusioni aveva generato nell'opinione pubblica internazionale ) era sul punto di cadere, travolto non solo dalle critiche dell'opposizione ma anche e soprattutto dalla fronda interna al suo stesso partito che affettava di  rendersi interprete dello sconcerto della popolazione per la debole condotta della guerra.
Nominato da Re Giorgio, dopo le dimissioni di Chamberlain, Primo Ministro di un governo di unità nazionale tra partito conservatore e partito laburista, Winston Churchill, allora sessantacinquenne, si trovò così  di fronte ad un compito difficilissimo. Ed è questo l'inizio de " L'ora più buia ", da pochi giorni sugli schermi britannici e , in contemporanea, sui nostri. Negli Stati Uniti invece, vale la pena di segnalare,  ne è stata assicurata la diffusione fin dallo scorso novembre perchè fosse in grado di partecipare all'assegnazione dei  " Golden Globes " e, in prospettiva, degli Oscar.
Dirò subito che il film mi è parso molto bello, una riuscita totale. Innanzitutto per la sceneggiatura, capace di rendere appassionante come un " thriller " una pagina fondamentale della storia dell' Europa contemporanea : un punto di svolta che impedì  ( o  se non altro concorse ad impedire ) quella possibile vittoria del totalitarismo  germanico che tanto male avrebbe arrecato  al mondo intero. Poi per la recitazione, davvero degna della migliore tradizione britannica. Gary Oldman ( Churchill ) un attore poco noto al grande pubblico, abbonato a parti secondarie e da ultimo autoconfinatosi a piccoli film indipendenti di sua personale scelta, trova qui quello che si può definire il " ruolo della vita ", l'interpretazione cioè che verrà a lungo ricordata e che è capace di cambiare o almeno di dare un senso ad una intera carriera artistica. E , desidero aggiungere subito, tutti gli altri attori sono egualmente bravi, con menzione speciale per le due interpreti femminili. Da un lato Kristin Scott Thomas nella parte di Lay Clementine, la moglie di Churchill , sobria ancorchè vibrante in un personaggio di donna essenziale per l'equilibrio del bizzarro e difficilissimo consorte. Dall'altro la assai graziosa Lily James nel ruolo di Miss Layton, la segretaria personale del primo ministro britannico, ricca di talento e di spirito di sacrificio, efficientissima e saggia, una interpretazione che proietta questa giovane speranza del cinema e della televisione ( è stata Lady Rose in " Downton Abbey " ) verso ancor più elevati traguardi.

Il film " storico ", quando è  rievocativo di epoche a noi ancora abbastanza vicine, è sempre un genere insidioso, al cinema. Il rischio per il registaè quello  di soffermarsi troppo sulle scenografie, sui costumi, sulla ricostruzione insomma di un mondo che alcuni di noi hanno perfino fatto in tempo a vedere con i loro occhi e che anche gli altri conoscono benissimo per il tantissimo materiale iconografico che abbiamo a disposizione ( inclusi i non pochi film rievocativi di episodi del conflitto mondiale). Il regista Joe Wright mi pare che abbia evitato brillantemente questo pericolo . Non tanto perchè ricostruzione di ambienti e sfoggio di abbigliamento dell'epoca qui siano del tutto trascurabili, che anzi  sono ben calibrati e funzionali alla vicenda narrata. Quanto perchè non prendono mai il sopravvento. Non è un film " retro ", voglio dire, di quelli dove il particolare ( quell'autovettura, quell'abito, quella acconciatura ) campeggiano in primo piano a detrimento del discorso complessivo che il film vorrebbe, o potrebbe , svolgere. No, qui il regista - pur precisissimo e piacevole nella ricostruzione ambientale - non cincischia con i "memorabilia"  d'epoca e va dritto allo scopo . Che è quello di raccontarci come Churchill, un personaggio fino ad allora molto discusso per il carattere ondivago e collerico ed  i " record " della sua azione militare e di governo non precisamente impeccabili ( l'insuccesso di Gallipoli è continuamente evocato dai suoi avversari politici ) diventi improvvisamente... Winston Churchill. Cioè il più grande primo ministro inglese del Novecento ( ma anche Mrs. Thatcher non era male, a mio avviso ) e colui che è passato alla storia, più di Stalin o di Roosevelt, come il vero trionfatore di Hitler, l'uomo che lo ha combattuto dall'inizio alla fine.
Che Churchill, ad un certo punto, abbia avvertito l'esigenza di lasciarsi una porta aperta alle spalle e , anche lui, abbia preso in qualche considerazione, nelle retrovie della propria mente, l'ipotesi di una trattativa con Hitler, è una verità storica che mi sembra assodata. Il film - tutt'altro che un'agiografia dell'uomo-  non lo nasconde. E forse, in quel momento, di fronte all'ipotesi di un annientamento dell' impero  e di una umiliante occupazione del suolo bitannico accompagnata da vaste distruzioni e molte perdite di vite umane, anche il più battagliero degli statisti ci avrebbe fatto un pensiero. Ma il coraggio dell'uomo, la sua indefettibile " britishness " e l'avversione profonda per la tirannide nazista ebbero poi il sopravvento ed il suo " never " , mai !, divenne il grido e la professione di fede di tutto un popolo.

Sagace ma anche fortunato snodo dei drammatici eventi di quel maggio di quasi ottant'anni fa fu certamente il salvataggio del grosso dell'esercito britannico impegnato sul continente, stretto nella sacca di Dunkerque e probabile vittima del definitivo attacco tedesco se la tenacia del primo ministro non ne avesse assicurato con successo il tempestivo rimpatrio. L'operazione " Dynamo ",come ci ha ricordato quest'anno il " Dunkirk " di Christopher Nolan, grazie alla mobilitazione di migliaia di imbarcazioni private, ottenne  di mantenere intatto il capitale umano che, una volta riarmato ed impiegato nei nuovi teatri di operazione, permise al leone britannico di tornare a ruggire vittoriosamente. 
" L' ora più buia " ripercorre con un ritmo incalzante, senza mai un abbassamento della tensione drammatica , quelle frenetiche giornate di maggio tra la nomina di Churchill, le manovre dei suoi oppositori all'interno del partito per provocarne la caduta, l'accantonamento dell'idea di un negoziato esplorativo con Hitler tramite i buoni uffici dell' Italia ancora neutrale e, dopo l'esodo da Dunkerque, il consolidamento della posizione del primo ministro ed il crescente appoggio popolare alla sua idea di resistere a tutti i costi. Molte scene mostrano i serrati, spesso tesissimi dibattiti in seno al " War cabinet " presieduto da Churchill, con i ripetuti tentativi di Lord Halifax,  il ministro degli esteri, spalleggiato dall'ex premier Chamberlain, di dimostrare l'ineluttabilità di una soluzione negoziale a fronte del rischio di una invasione dell' isola, nonchè  i dubbi e le esitazioni degli alti comandi militari. Ad un certo punto Churchill, disperatamente solo, sta per cedere. Ma l'incontro - una splendida invenzione dello sceneggiatore Anthony McCarten - con un gruppo di comuni cittadini in un convoglio della metropolitana londinese, tutti opposti a qualunque resa ingloriosa, lo convince ad andare avanti, a sconfiggere i suoi avversari interni ed a continuare la lotta che , cinque anni dopo, condurrà alla definitiva sconfitta del nazismo.
Se dei meriti della interpretazione e della  sceneggiatura ( seconda in questa stagione solo a quella, letteralmente di ferro, di " Tre manifesti ad Ebbing , Missouri " ) abbiamo detto, molto delle ragioni della splendida riuscita del film risiedono nella regia . Joe Wright, regista inglese di mezza età , autore di trasposizioni cinematografiche di   romanzi antichi e moderni ( " Orgoglio e pregiudizio ", " Anna Karenina ", " Espiazione " ) non ha remore nel dichiararsi un ammiratore di David Lean, il più classico ed equilibrato dei registi inglesi di sempre. Il suo cinema , anche qui ne " L'ora più buia ", non è privo di raffinate invenzioni, di un serrato  , modernissimo alternarsi di inquadrature.  Ma, al tempo stesso,  risponde sempre ad un canone estetico di grande armonia compositiva e ad una " felicità " di flusso narrativo che ricordano, appunto , la grande tradizione dei Powell e Pressburger, dei Carol Reed, e naturalmente del già ricordato David Lean. Fotografia, scenografie e musica sono  di grande impatto ancorchè non travalicanti mai  l'equilibrio complessivo dei vari elementi di cui si compone il film . Un film , certo, a tratti retorico ( del resto retorico era lo stesso Churchill, grande istrione ed abile manipolatore ) ma mai lezioso od inutile. Una bella lezione di storia, senza dubbio. Ma anche una modesta  ma utile lezione di cinema per tutti coloro che, seguaci di una opposta tendenza, ritengono sia del poeta ( in questo caso cinematografico )   " il fin la maraviglia ".


2 commenti:

  1. Non sono riuscita a scrivere, per ben due volte google ha cancellato le mie parole, mi dispiace!

    RispondiElimina