sabato 24 dicembre 2016

" Paterson " di Jim Jarmusch ( USA, 2016 )


L'inizio del film è molto calmo, sommesso. Mentre appare sullo schermo una scritta che ci informa che è lunedì, un giovane uomo, ripreso dall'alto mentre dorme abbracciato alla giovane sposa nel letto matrimoniale, si sveglia - un orologio indica le sei e un quarto del mattino - si alza , si veste, fa colazione ed esce di casa per dirigersi verso il proprio lavoro. Poche inquadrature situano il personaggio e ci danno qualche indizio su di lui, il suo retroterra, la sua attuale condizione sociale. Paterson , questo è il suo nome, fa l'autista nella compagnia dei trasporti pubblici della cittadina - ci credereste ? - di Paterson , New Jersey .Guida l'autobus dalla mattina alla sera, sempre lungo lo stesso percorso, torna a casa dopo il lavoro, cena con la moglie ( una graziosa donna di origine mediorientale ) e poi porta fuori il cane per una passeggiatina fermandosi in un pub a farsi una birra. E la mattina dopo la sua vita ricomincia con lo stesso identico schema , ogni giorno della settimana fino al sabato e alla domenica, quando è fuori servizio e può permettersi di oziare per casa o per le strade cittadine.La sua vita scorre su ritmi abbastanza tranquilli o almeno noi spettatori non assistiamo ad alcun fatto drammatico che alteri la sua esistenza se si eccettua un increscioso episodio al pub quando, una sera, è costretto a disarmare - ma con calma determinazione , senza tradire particolari emozioni - un conoscente che, respinto dalla donna che ama, perde la testa e brandisce una pistola ( che si rivelerà poi un' arma giocattolo ). Oppure un banale incidente col suo autobus che improvvisamente ha un guasto elettrico , non va più avanti e costringe tutti i passeggeri a scendere e ad aspettare un mezzo di rimpiazzo.
Raramente, credo , il cinema ci ha fatto assistere alla apparente banalità del quotidiano con altrettanta linearità, con altrettanto disincanto. Ma - badate bene- senza annoiarci, facendoci anzi progressivamente interessare al personaggio e rendendocelo più accattivante, intrigandoci con quella ripetitività di situazioni e di gesti tutt'altro che scontata. Giacchè molto presto il regista ( che è anche autore della sceneggiatura ) ci fa vedere come Paterson , un personaggio al di fuori grigio e senza storia, abbia in realtà una ricchissima vita interiore, una forte sensibilità ed un autentica empatia con il mondo. Qualità che lo spingono, nei ritagli di tempo, a scrivere poesie in un taccuino - il suo " quaderno segreto "- che non mostra a nessuno ( solo alla moglie, che sa della sua passione per la poesia, rivela ogni tanto qualche verso ).L' osservazione quotidiana delle piccole cose che lo circondano , delle persone che salgono sull'autobus e talvolte dialogano tra loro, la tranquilla bellezza dei luoghi in cui vive, tutto muove la sua ispirazione e si trasfigura in lui in veste poetica . I versi che scrive e che leggiamo sullo schermo sono semplici ma intensi, parlano di cose concrete, oggetti o fenomeni quotidiani ( ad esempio una scatola di fiammiferi, l' acqua, l'amore per una donna ). Una poesia minimalista, diremmo, sulla scia di tanta poesia americana ed europea del secolo scorso. E Paterson - ci viene ricordato- è la città in cui e vissuto e ha tratto ispirazione per un poema dallo stesso nome il grande scrittore americano William Carlos Williams ( 1883- 1963 ) che il nostro personaggio naturalmente conosce ed ama in particolar modo.
Illuminato,diremmo quasi confortato sul piano narrativo dal vivificante parallelismo tra la vita quotidiana del protagonista e il suo mondo poetico, il film, nonostante una trama così ridotta all'osso, si dipana per quasi due ore senza un cedimento, un momento di noia o di stanchezza. Diremmo che è un film che non alza mai la voce, Non la alza perchè la poesia non ha bisogno di farlo per farsi udire, visto che parla sommessa ai nostri cuori , alla nostre sensazioni. Il mistero della creazione poetica viene indagato qui con sottile intelligenza e attraverso sequenze semplici nella loro toccante nudità ma estremamente illuminanti. Così ,incontrata casualmente una ragazzina appena decenne che compone anche lei graziosi versi di ingenua freschezza e che lamenta però di " non sapere fare le rime ", Paterson le spiega che questo ha poca importanza. La vera poesia - egli sostiene - ha un'armonia interna che crea spontaneamente delle rispondenze tra le varie immagini evocate, quasi delle "rime " sotterranee insomma che, percepite, soddisfano egualmente l'orecchio ed imprimono ritmo adeguato alla composizione.
Direi che questo concetto è anche un pò la chiave stessa del film e ne aiuta l'interpretazione. La vita, il mondo che ci circonda e che osserviamo ogni giorno, sembra dirci il regista, " fa rima " con la nostra esistenza perchè anche noi ne facciamo parte e l'armonia tra le parole scritte o recitate - la " costruzione " poetica - risponde all'armonia del creato, alle sottili geometrie che uniscono le persone , gli animali, le cose che ci circondano . Se capiamo o, meglio, se sentiamo questo - anche se noi non siamo o non diverremo mai poeti - potremo sperare di comprendere meglio il mistero dell'esistenza ed avere in tal modo una vita più piena e soddisfacente . E non a caso Paterson , il protagonista, si chiama come il luogo in cui vive. Perchè egli " è ", in un certo senso, quel luogo, quegli abitanti , quella natura , quell'autobus che guida ogni giorno. Tutti elementi, pezzi sparsi della nostra umana esperienza che si compongono nella carne e nello spirito di ognuno trasformandoci in ciò che siamo. E la poesia " é " in noi, ci parla costantemente, anche se talvolta non riusciamo ad intenderla, sopraffatti dal rumore che è fuori e dentro di noi, dalle tante paure ed illusioni che inseguiamo e ci inseguono.
Se dovessi descrivere con un solo aggettivo un film come " Paterson"
direi che è un film " apollineo ", nell' accezione classica che - forse ricorderete - al termine davano i greci e i romani contrapponendolo a quello di "dionisiaco ", Se quest'ultimo stava infatti a rappresentare il disordine, lo scomposto pulsare dei sensi e dell'animo determinato da Diòniso ( il dio del vino e dell'esaltazione orgiastica ) il primo ( derivante da Apollo, il dio della composta bellezza ) identificava invece stati d'animo e comportamenti in cui prevale la calma, la serenità, la consapevole armonia dei propositi. Ecco, apollineo lo è "Paterson " nel suo pacato ( ma tutt'altro che dimesso ) svolgimento, come un lento fiume tranquillo le cui acque scorrono pacificamente e determinano in noi un'eco altrettanto serena e ordinata. Difficile infatti assistere alla proiezione del film - almeno , soggettivamente , questo è quanto ho provato - senza sperimentare una sensazione di progressivo benessere che si impadronisce dello spettatore , dapprima lievemente sconcertato dalla indubbia novità dell'approccio , e poi man mano sempre più conquistato. So che non tutti, magari, la penseranno come me. " Paterson " è un film che si può amare moltissimo ( come mi è accaduto ) ma che , se non si vuole, o non si può , entrare nel suo gioco - l'arte non è , in fondo, un gioco " a rimpiattino " con la sensibilità di chi ne fruisce ?- può lasciare anche delusi ed incerti. " Da maneggiare con cura : può nuocere ( o fare del bene ) al vostro equilibrio interiore ! ", andrebbe forse scritto sulle sue locandine.
Il film , va detto perchè non sembri comunque troppo serio o monotono , è tutt'altro che " penitenziale ". Siamo lontani qui dalle atmosfere - per esemplificare al massimo - del cinema di un Bresson o di un Rossellini ( quello dei " Fioretti di San Francesco ") che tanto poco concedono alla pigrizia dello spettatore, mettendone a dura prova , anche se in nome di un risultato spesso sublime, la normale capacità di resistenza .Jim Jarmusch, per chi non ha mai visto un suo film, è uno spirito bizzarro, un indipendente, anzi un " irregolare" del cinema americano. Se rifugge dagli schemi tradizionali, non cessa mai peraltro di stupire per le sue intelligenti notazioni, il suo umorismo, la sua calda umanità. I suoi non sono film che annoiano, l'abbiamo detto. Magari provocano o sconcertano, ma è tutt'altro discorso. Giunto alla non più verde età di 64 anni , dopo quasi quarant'anni di cinema , mi sembra pervenuto ad una prova particolarmente convincente. Non era facile dare veste cinematografica ad una " storia " come questa ( se di " storia " si possa propriamente parlare ). Far vivere Paterson sullo schermo come essere reale , in carne ed ossa, e non semplice fantasma della mente, quasi uno schema di comodo, richiede una "creazione artistica " particolarmente abile e convincente. Aiutato dalla prova maiuscola dell' interprete principale , Adam Driver, Jarmusch rende credibile, patetico e nobile il suo personaggio. Difficile non reagire positivamente a tanta sensibilità ed intelligenza, cui si accompagna uno stile cinematografico - in piena sintonia con l'assunto del film - composto, essenziale, senza sbavature e senza inutili virtuosismi ( menzione speciale per la splendida fotografia ). Un film da vedere per darci coraggio nel cinema e nella vita in generale, mi sento di poter dire .
Un " film di Natale " anche, vista la particolare epoca dell'anno in cui viene programmato in Europa e visto il suo ottimismo ed il messaggio di speranza che reca, per fettamente in sintonia con il significato profondo di questa ricorrenza. Mi sia dunque concesso, in calce a questa noterella, di rivolgere a tutti gli amici , ed in particolare a coloro che seguono con assiduità la " rubrichetta ", un affettuoso augurio che tutti li stringa al mio cuore.

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