martedì 20 dicembre 2016

" Aquarius " di Kleber Mendonca Filho ( Brasile, 2016 ) - " Le notti della luna piena " di Eric Rohmer ( Francia, 1984 )


Questa settimana vi parlerò di due film molto diversi tra loro ma entrambi interessanti e godibili per coloro ( non sono pochi ) che amano un cinema fatto di vicende ben costruite , personaggi che colpiscano l'immaginazione, finezza di analisi : insomma, qualcosa che meriti davvero di impegnare il nostro tempo per un paio d'ore o giù di lì. E non importa che il primo, comunque da vedere, non sia un film che resterà nella storia ( è un pò dispersivo , specie nella seconda parte, troppo lunga, e soffre quà e là di un eccesso di retorica ) mentre il secondo è gemma purissima, uno dei migliori del grande regista francese scomparso alcuni anni or sono. Il cinema che a noi piace è quello che ci regala momenti di perfetto equilibrio tra il nostro stato d'animo ( l'emozione estetica che ognuno personalmente avverte ) e il nostro atteggiamento verso gli altri ( quella sorta di " pietas ", oggi si direbbe di empatia, che dalla fruizione dell'opera d'arte non possiamo non ricavare nei confronti del mondo ). Ed entrambi i film - su due livelli diversi di valore e di intensità - si raccomandano per la loro capacità, oltre che di intrattenerci piacevolmente, di suscitare in noi quel duplice sentimento di cui abbiamo appena detto.
Di " Aquarius " , opera di un regista brasiliano di cui ignoro tutto ma che deve essere di buona reputazione se il film è stato invitato in concorso all' ultima Mostra di Venezia, dirò subito perchè mi è piaciuto . Anche se, come non vi ho celato, a mio avviso ha qualche difetto, tratteggia infatti con intelligenza ed amore un personaggio di anziana, raffinata signora con un passato più che soddisfacente ( è stata affermata critico musicale, ha vissuto intensamente la sua vita ) ed un presente più tormentato ed incerto ( rischia di perdere la graziosa abitazione in cui vive, perseguitata da rapaci "palazzinari" desiderosi di costruire al suo posto un orribile condominio ). Un personaggio , dato che lo vediamo sullo schermo praticamente senza interruzione, che necessita di una grande interprete, sensibile e carismatica. Ed è la migliore e più famosa attrice del cinema brasiliano, Sonia Braga ( la ricorderete forse, molto più giovane, in " Donna Flor e i suoi due mariti" ) ad assumersi l'onere di renderlo vivo e tremendamente simpatico anche nelle sue evidenti contraddizioni, facendone l'autentico punto focale del film.
Il film è abilmente costruito - in gran parte - proprio sul contrasto, da un lato, tra la dignità , la nobiltà d'animo ed il coraggio della protagonista e , dall'altro, l'incultura, i miseri obiettivi e l'elementarità dei comportamenti dei promotori immobiliari che vogliono per forza comprare il suo appartamento, l'ultimo rimasto abitato in quella casa, e poter così realizzare il loro progetto . Ma esso si raccomanda anche per una più sottile qualità. Mi riferisco all' approccio trepido e sereno ad un grande tema universale, il problema dell'invecchiamento dell'essere umano e della divaricazione che viene a crearsi ad un certo punto tra l'eterna fanciullezza del nostro "io " e la stanchezza del corpo che decade progressivamente. Il personaggio femminile del film, pur menomato da una grave malattia, mantiene freschezza di approccio alle situazioni e alle cose ed istintiva capacità di cogliere il profumo della vita, ricevendone la forza che le occorre per contrastare il peso degli anni ed opporsi con successo ai suoi rozzi interlocutori. Alla fine , sembrano dirci l'interprete ed il regista, non prevalgono il potere economico o la frettolosa sfacciataggine di chi pensa di essere sempre e comunque "nella corrente della storia ". Vince la nostra autenticità, la capacità- per quanto difficile- di sentirci liberi internamente, al di fuori del tumultuoso avanzare del tempo.
Con " Le notti della luna piena " invece ,rivisto in un DVD di pregevole e recente riedizione insieme agli altri film del ciclo " Commedie e proverbi ", realizzati da Rohmer tra il 1980 ed il 1987, torniamo a dubitare della possibilità di una vera libertà da parte del personaggio principale. Si tratta del secondo dei due film di cui vi ho parlato la volta scorsa ma sul quale , per ragioni di spazio, non avevo avuto modo di soffermarmi. Louise, la protagonista, lavora a Parigi ma vive nella banlieue con Rémi, il suo attuale compagno. Ma anela nello stesso tempo ad avere un suo spazio di libertà , a poter fare le cose che a lei piacciono ed al partner meno : chiacchierare con gli amici, uscire la sera, andare a ballare, flirtare perchè no.La soluzione ideale Louise ritiene di averla trovata quando decide di non affittare più il suo monolocale del centro di Parigi appena ristrutturato e di tenerlo per sè. Pensa di andarci ad abitare qualche sera, per non dover affrontare il lungo ritorno verso la casa di Rémi ma anche per sentirsi ancora autonoma, frequentare gli amici che non piacciono al fidanzato. Senza secondi fini, almeno in partenza.
L'esperimento non è così agevole, come rileverà chi , seguendo il mio consiglio, se già non lo conosce vorrà vedere il film . Louise ritiene- come in genere i personaggi delle " Commedie e proverbi " - di essere sempre in grado di realizzare le proprie strategie e di determinare liberamente il proprio presente ed il proprio futuro. Ma, dopo aver visto che il proverbio che fa da epigrafe a questo film è " chi ha due donne perde la propria anima , chi ha due case perde la propria ragione ", lo spettatore incomincia a dubitarne. Divisa tra la sana e morigerata esistenza che le propone Rémi nella periferia moderna ed asettica in cui risiede e la vita dispersiva ma intrigante rappresentata dalla propria abitazione parigina, la ragazza non sa scegliere. Pensa di poter conservare l'una e l'altra , cioè in sostanza di mantenere contemporaneamente due stili di vita , due modi diversi di pensare e di essere. Non dico - per chi non conosce il film - come andrà a finire ( anche se ciò che conta , nei film di Rohmer, è il percorso attraverso cui si arriva all'epilogo e non l'epilogo in sè stesso ) ma mi limito a segnalare che il regista ci dimostra appunto come la vera libertà non esista. Gli avvenimenti sfuggono al nostro controllo e noi stessi non siamo fino in fondo ciò che crediamo di essere.
Parlare, anche succintamente, del cinema di Rohmer ( uno dei più appassionanti insiemi di opere, dove non vi è film che possa essere considerato " minore " perchè tutti rigorosamente "necessari ", tesi cioè a completarsi vicendevolmente componendo la stessa visione della vita e del cinema ) prenderebbe ben più spazio di quello che posso dedicare a questa rubrichetta. Vi torneremo senz'altro perchè sto rivedendo tutti i suoi film e vorrei farvi condividere, a volte, l'entusiasmo che provo. Di " Le notti della luna piena " vorrei però sottolineare almeno l'assoluta rispondenza tra dialoghi ed immagini (Rohmer è considerato " un chiacchierone " dai suoi detrattori ma essi non sanno o non vogliono riconoscere che la parola in lui si fonde mirabilmente con l'immagine , finendo l'una e l'altra con l'assumere simultaneamente lo stesso valore semantico ). E poi la splendida interpretazione di attori che con lui riescono ad essere molto naturali, cogliendo perfettamente l' " aria dei tempi " , quasi stessimo assistendo ad un documentario sulla vita dei giovani francesi nell'anno di grazia 1984 e non ad una opera di fiction. Ma che , al tempo stesso, sotto l'attenta guida del regista, sanno essere anche "classici ", interpretare cioè i loro personaggi come se non appartenessero ad una epoca storica definita. Personaggi che recano con sè logiche e sentimenti di cui gli esseri umani vivono ed hanno sempre vissuto. Semplicemente da togliere il respiro, credetemi, di fronte a tanta bellezza e nobiltà di creazione artistica da parte del regista e dei suoi attori.

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