domenica 16 ottobre 2016

" Indivisibili " di Edoardo De Angelis ( Italia, 2016 )


" In ogni metro quadro di questa terra ci sta tutta la bellezza e la bruttezza del mondo ", dice - se ricordo bene le parole di una sua intervista- il regista napoletano Edoardo De Angelis a proposito di quella fetta di Campania ( non più " felix " ) in cui è ambientato il suo ultimo film, " Indivisibili " . Presentato in una sezione collaterale della Mostra di Venezia, lo trovate da un paio di settimane sugli schermi. Accolto con opinioni lusinghiere dalla critica, qualcuno si è spinto fino a giudicarlo il miglior film italiano dell'anno. Paolo Sorrentino ( il regista de" La grande bellezza " ) ha sostenuto che avrebbe meritato di rappresentare la nostra cinematografia agli Oscar del 2017 invece del prescelto, il documentario " Fuocammare " di Gianfranco Rosi. Ed è vero che lo scarto tra questi due film dopo che si è votato per l'opera che avrebbe dovuto concorrere per l' Italia al prestigioso riconoscimento è stato di un solo voto . Insomma , voi capite che non siamo davanti al solito filmetto di casa nostra, gracile e mal nutrito dagli stessi mezzi di informazione, ma ad un'opera di un certo rispetto che richiede tutta la nostra attenzione.
Procediamo con ordine. Siamo nei dintorni di Castelvolturno, provincia di Caserta, su di un litorale che potrebbe apparire paradisiaco per i colori del cielo e del mare se oggi non fosse sconciato da costanti roghi di immondizie e da insediamenti abitativi di raro squallore architettonico, sorti come maligne escrescenze in spregio a qualunque ( del resto inesistente ) piano regolatore. Popolata da abitanti le cui attività economiche appaiono precarie ancorchè talvolta di una qualche consistenza e da un discreto numero di immigrati africani che a quelle attività fanno a loro volta riferimento in un ruolo chiaramente ancillare , la zona - come ci rendiamo conto dalle prime inquadrature - mette angoscia e tristezza solo a guardarla. Nè le cose migliorano quando veniamo introdotti dal regista nella famigliola che sarà al centro della vicenda, scampoli di quella subcultura odierna, depressa e smarrita, confusa dalle mille lusinghe della vita contemporanea e priva ormai dei robusti anticorpi rappresentati dai valori popolari di un tempo. La madre ,quarantenne belloccia con vistosi tatuaggi, intontita dall'erba che fuma ininterrottamente. Il fratello di lei e l'amico di questi, in funzione di coro leggermente catatonico. Il padre, con folta criniera da " hippy " in ritardo, sguardo da vero " mariuolo ", tracotante e sospettoso, vittima a sua volta del vizio del gioco. E poi ci sono le due vere protagoniste del film,le figlie della coppia : due gemelle siamesi diciottenni, fisicamente indivise, tragico "scherzo" della natura ma anche, nella loro grazia e nella loro ingenuità, autentico fiore ancora incontaminato in un contesto irrimediabilmente degradato. E , soprattutto, fonte di reddito quotidiano per la famigliola che, traendo vantaggio dalla propria apparente " disgrazia ", le sfrutta come insostituibile presenza ( remunerata ) di tutte le feste e le cerimonie del circondario in veste di singolare " duo " canoro dalle risonanze quasi misticheggianti. A metà , insomma , tra il fenomeno da baraccone e l' " icona " religiosa che , come San Gennaro, " porta buono " ed alla quale è bene scaramanticamente accostarsi.
Qui, debbo dire, questo De Angelis dà le sue cose migliori. La descrizione del microcosmo che ruota intorno alle siamesi, sia quello familiare che l'ambiente del circondario, è accattivante e robusta, sorretta da capacità di autentico descrittore realista- non dunque puramente bozzettistico- ed è " vero " cinema, tutto calato nell'immagine cioè, con i personaggi, anche quelli minori, che non hanno bisogno di tante chiacchere per farci capire chi sono. Penso alla straordinaria sequenza della festa di prima comunione, perfettamente orchestrata e dove il racconto ci porta già molto avanti nella comprensione delle " ragioni " dei personaggi stessi. Guardate ( se andrete a vedere il film ) la bambina grassa , cioè la festeggiata, il padre estasiato, le nostre due gemelle, la cantante " maggiorata " ed il " boss " che ne è l'amante , sullo sfondo di un pacchiano albergo con piscina in mezzo alla desolazione urbanistica. Pagine su pagine di indagini sociologiche e tanta letteratura neo-meridionalista non saprebbero darci uno " spaccato " così preciso e potente come i primi quindici- venti minuti di " Indivisibili ".
Peccato però- occorre pur dirlo - che poi le cose, a mio modesto parere, si guastino. La vicenda ha una svolta improvvisa, che diventa l'architrave dei successivi sviluppi, quando un chirurgo di passaggio, incuriosito e mosso a pietà delle due siamesi, convince i genitori a farle visitare e dichiara che un operazione di separazione è possibile , anzi auspicabile. Emozione delle gemelle , specie di quella che aveva già manifestato primi segni di irrequietezza verso la forzata simbiosi con l'altra. Sgomento dei genitori , in particolare il padre, per la prospettiva della perdita dei cospicui guadagni che deriverebbe dal possibile ritorno alla " normalità " della prole. Di qui la narrazione prosegue tralasciando - o comunque non mettendo più nel precedente risalto- la descrizione ambientale e focalizzandosi maggiormente sul rapporto tra le due sorelle, i loro tentativi di affrancarsi dal controllo dei familiari e di reperire il denaro necessario per l'operazione. Fino all'epilogo, che non vi dirò come al solito e che si presta a più di una ( arbitraria ) spiegazione.
Il problema- da cui deriva nella fattispecie la mia perplessità ed il mio disappunto per un film che non mantiene tutte le promesse iniziali - è che una storia " difficile " come questa e che il regista , stando anche alle sue dichiarazioni, vorrebbe " caricare " di intenzioni e di simbologie più ambiziose, non può che essere raccontata, a mio giudizio, che in due modi diversi. O in chiave fortemente realistica ( ma allora ci sarebbe voluta una sceneggiatura molto più coerente e coesa per convincerci di stare assistendo ad una storia " vera " ). O in chiave, invece, del tutto fantastica , onirica ( ma questo avrebbe richiesto , oltre ad una sceneggiatura più inventiva ed articolata, grande capacità evocativa da parte del regista, una vena cioè da autentico visionario e che egli non credo possegga , a giudicare almeno da questo film ). Dò un esempio, per chi ha già visto il film. La scena che dovrebbe risultare particolarmente " forte " , quella dell' orgetta a bordo del panfilo del " boss " e relativo tentativo di quest'ultimo di sedurre una , ma forse entrambi le gemelle risulta quasi imbarazzante, e non per motivi moralistici ma puramente cinematografici. Qui , se si fosse scelta la via del realismo, il regista avrebbe dovuto immaginarsi qualcosa di più credibile dei modesti " quadretti " che una lunga carrellata offre al nostro sguardo di forzati " voyeurs ". Oppure , scelta la via dell' onirico ( e sospetto che questa fosse la volontà di sceneggiatore e regista in questa sequenza ) sarebbe occorso spingere di più il pedale in questa direzione, giocare il gioco dell' immaginario con più convinzione e coraggio. Non fermarsi , in definitiva, ai cascami felliniani e alle citazioni dello stesso Sorrentino che mi è sembrato qua e là di scorgere, ma trasportare letteralmente il film su di un altro piano , farlo "lievitare". Fare in modo, cioè, che le immagini evocassero davvero un sogno , una visione delle due protagoniste, e che quindi , in un passaggio chiave del film, il " significante " ( le immagini, i volti , i gesti dei personaggi) esprimesse realmente un " significato " qualsivoglia. Significato che così, invece, è arduo rinvenire e lascia in bocca l'amaro sapore della delusione per un film che era partito molto bene e che si è un pò perso per strada.
Non vorrei apparire troppo severo verso un regista che, mi dicono , ha al suo attivo due discrete prove prima di " Indivisibili " e verso un film che ha comunque i suoi titoli di merito, in un panorama italiano letteralmente sinistrato dalla scomparsa o dall'inaridimento della vena creativa dei suoi " maestri " e che fatica a reperire nuovi talenti duraturi. Gli attori di " Indivisibili " sono tutti molto bravi. Non parlo tanto delle due gemelle che impersonano le siamesi, " prese dalla strada " e quindi eccezionali come capacità di " entrare " nel personaggio. Mi riferisco soprattutto agli interpreti professionisti, eredi della grande tradizione attoriale napoletana , assolutamente magnifici . La fotografia è molto suggestiva, vi è anche una colonna sonora musicale di buon livello ( il sassofono di Enzo Avitabile ) e canzoni ( quelle interpretate dalle due siamesi ) che rendono perfettamente l'atmosfera e la " cultura " da cui trae ispirazione il film . Un'ultima notazione. " Indivisibili " è quasi interamente parlato in un dialetto campano ( che non è il napoletano " verace " di Di Giacomo o di Eduardo) slabbrato e " contaminato " da altre influenze. Onore ai distributori che non hanno pensato di doppiarlo e si sono limitati ai provvidenziali sottotitoli. Non sempre è successo altrettanto per film ambientati in ambienti popolari, del Sud come del Nord ( penso a " La terra trema " e a " L'albero degli zoccoli " ). Piano piano il gusto si affina ed è una cosa che, non solo ai cinefili, non può che fare piacere

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