venerdì 15 febbraio 2019

" Il CORRIERE " di Clint Eastwood ( USA, 2018 )

Earl Stone, il personaggio principale dell'ultimo film di Clint Eastwood ( titolo originale " The Mule " ) uscito in Italia da una settimana, è ispirato a Leo , il novantenne " corriere della droga " di cui raccontò molti anni fa un articolo del " New York Times " che fece scalpore. Rovinato finanziariamente dal declino del suo commercio  di fiori, spiazzato dagli ordinativi  passati con il ricorso ad internet ( che affetta di non sapere neanche cosa sia ) in rotta con moglie e figlia che lo considerano un egoista dimentico dei suoi più elementari doveri, Earl accetta per riguadagnare credito  l'offerta che gli viene fatta di essere remunerato con  un bel pò di soldi trasportando dei borsoni, delle valige misteriose ( ma non troppo ) all'interno del suo veloce " pick- up " da un punto all'altro degli Stati Uniti. Non  gli ci vorrà molto - ma il sospetto è che l'abbia sempre saputo - per capire che si tratta di droga, purissima droga "pesante" che vale centinaia di migliaia di dollari. E che gli frutta in poco tempo, grazie alla " tangente " che gli viene ogni volta versata dai suoi datori di lavoro, un bel gruzzoletto con il quale il nonagenario ( qui ad onor del vero derubricato a  baldo...ottantenne per non rendere inverosimili certi suoi passatempi ) si concederà ancora diversi sfizi personali ma compirà anche altrettante opere di bene. Senonché la DEA ( cioè l'agenzia per la repressione del traffico di droga ) incuriosita dalle voci che le sono giunte  su di un nuovo insospettabile corriere al soldo di un potente cartello della droga messicano gli sguinzaglia contro un team di investigatori capitanati da uno " special agent " che lo cerca in lungo e in largo come un novello Achab a caccia della mitica " balena bianca ".

Ho cercato di riassumere in poche linee la trama del film , invero uno dei meno complessi di Eastwood sotto questo profilo, ma sono alquanto imbarazzato nel darne una valutazione critica. Mi è piaciuto o no ? Come si colloca nella  filmografia ormai ridondante di Eastwood-regista ( con questo,fanno trentotto film in quarantasette anni di attività ) ? Vale la pena di andarlo a vedere ? A quest'ultimo interrogativo, per la verità,  un critico inglese che lo ha visto ha già spiritosamente risposto che ci sono senz'altro molti modi peggiori di passare due ore, affermazione che, per rompere il ghiaccio, faccio volentieri mia. Liquidare il vecchio Clint ( 88 anni portati in modo invidiabile ) con le usuali categorie " buono / cattivo " è però tutt'altro che agevole. Cerchiamo, in estrema sintesi, di farci aiutare anche questa volta dai due approcci che conosciamo per giudicare un film : quello etico e quello estetico. La posizione morale che esprime il film è la  ben nota di sempre per tutti i film di Eastwood: esaltazione dei valori americani - coraggio, spirito d'indipendenza, senso della responsabilità - disprezzo per chi  ad essi non  crede, un certo spirito " macho " appena ingentilito da una visione della donna come punto d'approdo per  il vagabondare dell' uomo, pietà per i deboli. Qui l'avanzata senescenza del regista ( rafforzata dal suo prestare coraggiosamente, dopo dieci anni, nuovamente volto e corpo al protagonista ) e l' attaccamento a questa sorta di personalissima " frontiera " idologica  affiorano molto più che nei film  immediatamente precedenti, facendo quasi pensare ad un film-testamento. E pur augurando lunga vita a questo  grandissimo artigiano cui il cinema americano post-fordiano deve tantissimo, c' è quasi da pensare che potrebbe  esserlo davvero. Eastwood che invecchia in un misto di fierezza per la sua personale vicenda ( giunto al successo  solo a quarant'anni di età e dopo una lunghissima gavetta ) e di rancoroso sarcasmo per tempi e modi di oggi nei quali egli  fatica ormai a riconoscersi, rincara  la dose e ci offre un " pastiche "in cui tutto viene preso di petto : i giovani che non rispettano gli anziani, lo strapotere del denaro, della forza bruta e del successo a tutti i costi rispetto ai valori fondamentali dell'individuo e del gruppo familiare, finanche la stupidità di chi ci amministra. Condito, per soprammercato, con un pizzico di razzismo paternalisticamente " incorrect " ed un sessismo a tratti francamente imbarazzante. Una ricetta non certo per stomaci deboli, poco equilibrata a mio avviso anche se dovrebbe essere riscattata da un finale all'insegna di un forte rispetto per gli affetti familiari, dell'assunzione finalmente delle proprie responsabilità e dell'incrollabile amore per la vita nelle sue manifestazioni più belle.

Passando all'aspetto estetico del film, ai suoi valori - come si dice - propriamente filmici, dirò subito che il fatto che Eastwood sia di nuovo attore al servizio di sé stesso regista aiuta non poco. Osservando infatti quel volto scavato, quelle smorfie di sofferenza, ma anche gli occhi ancora ironici e una prestanza fisica sorprendentemente ben mantenuta, viene fatto di provare simpatia ed immedesimazione in un personaggio  che di per sé sarebbe abbastanza scontato e , qualche volta, addirittura respingente. Ed è , a ben guardare, la stessa simpatia che avvertiamo per un vecchio, dignitoso signore del cinema, che a quest'ultimo ha dato molto e che merita , in fondo, la nostra indulgenza anche quando, come qui, esagera un pò e ci offre un film che , visivamente oltre che concettualmente, non può stare certo alla pari delle sue cose migliori. Eastwood ci aveva abituati a film generalmente ben curati, senza geniali " colpi " di regia ma sempre efficaci nelle inquadrature, significativi nel fraseggio tra un ' immagine e l'altra. Qui, invece, siamo in presenza di un mero  film " di genere " sostanzialmente decoroso ma abbastanza stanco e risaputo nel modo di filmare ( quel girovagare in macchina di Earl con il suo carico di droga ripreso ogni volta dall'alto e poi all' interno della cabina del veicolo, come nel più trito degli " spot " per la pubblicità delle automobili ) senza mai un soprassalto, un'invenzione, qualcosa che faccia pensare che il vecchio Clint sia ancora in grado di stupirci accarezzando i nostri sensi di incontentabili cinefili.
Discreta la fotografia, ma nulla di più. Buona la musica, se non altro abbastanza innovativa. La recitazione dei comprimari è piuttosto anodina, inclusa quella del troppo lodato Bradley Cooper. Non male, invece, i due " cammei " affidati ad altrettanti grandi attori di  trenta- quarant'anni fa : Diane Wiest nella parte della moglie di Leo e Andy Garcia in quella del capoclan mafioso messicano, Laton.
Ma, ripeto, difficile pur nel piacere di vedere che il nostro amico Clint è " back in business ", nascondersi un vago imbarazzo per una " rentrée " in parte deludente e che nulla aggiunge alla passata grandezza - rimasta intatta - di uno degli ultimi grandi registi americani. Che sia o meno il suo canto del cigno, mi parrebbe forse giunto il momento di tirare le somme, senza aggiungere al bilancio finale di una carriera ulteriori poste  della stessa , modesta levatura de " Il corriere ".


2 commenti:

  1. Ho visto il film. Concordo pienamente con il suo pensiero. Certamente inferiore al grande Eastwood, ma lascia nelcuore una nota di simpatia verso la vita! Bisogna viverla fino in fondo, accade sempre qualcosa di straordinario nel bene e nel male! Questo è il messaggio che ho ricevuto, Grazie per la bella recensione. A presto

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    1. Sì, gentile amica ! Lei ha colto - come sempre - perfettamente il senso del film. La vita va vissuta sempre, in funzione della nostra evoluzione fisica e psichica. C' è sempre tanto da scoprire, da imparare ed anche da offrire agli altri.

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