I film delle Feste . Fin da ragazzi li aspettavamo con ansia. Prima di tutto perchè era una occasione per andare al cinema più spesso del solito, magari con la famiglia. E poi perchè i distributori ( questi " signori " assoluti del nostro piacere cinefilo) ben sapendo che la propensione a rinchiudersi per qualche ora in una sala buia cresceva esponenzialmente con l'avvicinarsi al Natale, avevano la sana abitudine di darci in pasto proprio allora le cose migliori del ricco patrimonio filmico di cui disponevano. Cose che magari avevano tenuto in serbo proprio per quelle magiche due - tre settimane tra la seconda metà di dicembre ed i primi di gennaio, certi di fare la nostra felicità ma soprattutto di massimizzare i loro guadagni, unitamente a quelli dei produttori a monte e agli incassi degli esercenti a valle. Oggi la situazione, e basta dare un'occhiata alla programmazione di questi giorni, è radicalmente cambiata. Diminuita la presenza del pubblico nelle sale lungo tutto l'arco dell'anno, neanche a quest'epoca vi è speranza di una sostanziosa ripresa ( cambiano le abitudini, si festeggia in modo diverso ). Ecco così che i film degni di essere visti, insomma gli imprescindibili sono , anche nei giorni dei festeggiamenti natalizi e di fine d'anno, numericamente gli stessi, cioè pochini davvero.
Per risollevarci lo spirito , consoliamoci con quel che passa il convento : ma i " buoni frati " - chiamiamoli così per coerenza di metafora - hanno comunque, pure questa volta, apparecchiato due o tre cose, forse anche quattro, tra le quali individuare con buone prospettive i nostri preferiti per il sano rito del cinema delle Feste. Dopo avervele ricordate ( di fatto poi sono tutti film di cui avevamo già parlato qui ) vi indicherò- e vi consiglierò di vedere - due pellicole del passato che, secondo i miei personalissimi gusti, meglio rappresentano i film di questo periodo così particolare di fine d'anno, con la nostalgia e la speranza che sempre l'accompagnano.
Ricordo ancora una volta l'esigenza di non perdersi " Roma ", il capolavoro del messicano Alfonso Cuaron, miglior film di questi primi quattro mesi di stagione cinematografica. Il " Leone d'oro " - meritatissimo - dell'ultima Mostra veneziana, annoda sapientemente le vicende private di due donne, coraggiose entrambe ma divise dalle differenze di classe, con la temperie politico-sociale del Messico dei primissimi anni settanta del secolo scorso. Un film forte, commovente, il campione di quella tendenza neo-neorealista che si sta facendo strada nel cinema contemporaneo di quà e di là dell' Oceano. Alcune sale, a Milano ed a Roma, dopo averlo tolto dalla programmazione ( è visibile sulla " piattaforma " Netflix che lo ha prodotto ) ora lo stanno rimettendo in ( limitata ) circolazione.
Rammento poi un bellissimo film polacco, anche questo in bianco e nero ( con schermo quadrato, come una volta ! ) che potrebbe sparire dai nostri schermi nei prossimi giorni : prego quindi affrettarsi se si vuole godere di una drammatica ( ma a tratti ironica e dolce ) storia d'amore sullo sfondo del contrasto tra " paradisi " comunistici e decadenti piaceri occidentali nel ventennio 1945-1965. " Cold war " , di Pavel Pawlikowski, può lasciare a tratti leggermente interdetti per lo sviluppo narrativo, ma possiede una regia di sconvolgente fulgore.
E' infine alle porte ( uscita nazionale il 27 dicembre ) una intelligente commedia agrodolce del francese Olivier Assayas di cui parlammo in questa rubrica quando fu presentato quest'autunno a Venezia con il titolo originale di " Doubles vies ". Sembrava allora che dovesse uscire da noi con il titolo ( incomprensibile ) di " Non fiction ". Lo ha cambiato ora in quello , un pò fatuo ma meno criptico, di " Il gioco delle coppie ". Se potete, vedetelo in lingua originale per gustarvi a pieno la recitazione degli attori. Ma anche doppiato non potrà certo guastarvi il piacere di assistere ad uno spettacolo gradevole e nello stesso tempo " morale " ( nel senso cioè, sulla scia dei grandi moralisti francesi del XVII e XVIII secolo, di saper cogliere alla perfezione i difetti della nostra epoca ).
E, infine, una " chicca " di cui egualmente ho parlato da poco in questa rubrica , e che è uno dei quattro o cinque capolavori di Sir Alfred Hitchcock. Esce infatti sugli schermi, ai primi di gennaio, la copia restaurata de " Gli uccelli " ( " Birds " ). Non vi dico di più, tanto il film è per me una delle vette raggiunte da uno dei più talentuosi artisti della storia del cinema ed un film celeberrimo per aver modificato per sempre il modo con cui guardiamo ormai i graziosi ed apparentemente innocui pennuti che svolazzano in cielo. Ma anche per i suoi evidenti significati metafisici e l'aura misteriosa che lo avvolge e non svanisce neppure alla fine.
Veniamo alla mia indicazione per il " film di Natale " , intendendo per tale il film che è ambientato proprio nei giorni delle Feste e che è consigliabile, in una sorta di " rito ", programmare sul vostro televisore , magari cercandolo sulle tante piattaforme " on demand" oggi disponibili, visto che purtroppo nessuna sala si perita di riesumarlo. Si tratta di " Scrivimi fermo posta " ( orrendo titolo italiano dell'originale " The shop around the corner ") e risale al lontano 1940, coevo o quasi degli altri grandi film del regista, l'austriaco emigrato negli Stati Uniti Ernst Lubitsch ( " Ninotchka ", " To be or not to be ", " Il cielo può attendere"). La vicenda, delicata ed ingegnosa al tempo stesso, vede un commesso di un negozio di oggettistica a Budapest ( James Stewart, semplicemente sublime ) impegnato in una schermaglia caratteriale ed amorosa con una collega di lavoro ( la deliziosa Margaret Sullavan ) ed è desunta da una commedia ungherese, ricca di tanti altri personaggi minori ma abilmente tratteggiati. La trama è stata poi ripresa qualche anno fa, in un contesto contemporaneo , da un discreto film di Nora Ephron ( " C'è posta per te " ) che non eguaglia però il fascino che emana dall'originale. Il Natale è veramente il protagonista , con la magica atmosfera piena di sospensione e di attesa che fa da controcanto alla bella storia raccontata da un Lubitsch in possesso, qui come negli altri suoi film, del proverbiale " tocco " che rendeva inconfondibile il suo stile.
Se di film di ambientazione interamente natalizia ne esistono diversi ( ricorderò almeno il celeberrimo " Bianco Natale " , ovvero " White Christmas " , del grande regista di " Casablanca " , Michael Curtiz ) pochi sono, a mia memoria , quelli che si svolgono il giorno di Capodanno o in cui almeno il 31 dicembre giochi un ruolo da protagonista, anche se diversi ci mostrano , en passant, celebrazioni di fine anno, peraltro puramente decorative nell'economia complessiva dell'opera ). Vi è però un film - che è il mio prescelto per rivederlo in questa data così ricca di significato e di aspettative - la cui ultima sequenza si svolge addirittura in tempo reale con i minuti che precedono lo scoccare della Mezzanotte , ed è " L'appartamento " di Billy Wilder , che risale al 1960. Ricorderete, spero, la frenetica corsa in una Manhattan deserta di Shirley McLaine per arrivare giusto in tempo, prima della fatidica mezzanotte, a ricongiungersi con uno Jack Lemmon che aveva appena disilluso per andare dal maturo amante ( il bravo ma antipatico " manager " Fred McMurray ). E tutto il film , del resto , è ambientato nei giorni che precedono, nel freddo ed umido inverno newyorchese, le festività del 25 dicembre e del 1° gennaio, in una atmosfera carica di speranza e di qualche forzata delusione . E l'happy ending finale non si può dire che cancelli del tutto , come ricorderete egualmente, l'amaro sapore di una vicenda di piccoli soprusi ed umiliazioni inflitti ai due miti personaggi principali dal torvo , misero ambiente di una grande " corporate ". Grande film umano ed umanista, secondo l'abituale canone wilderiano ed una bella occasione, ripeto, di festeggiare Capodanno con un film intelligente ed onesto, tenero e coraggioso, a mo' di ideale benvenuto al 2019 che batte alle porte.
Ricordo ancora una volta l'esigenza di non perdersi " Roma ", il capolavoro del messicano Alfonso Cuaron, miglior film di questi primi quattro mesi di stagione cinematografica. Il " Leone d'oro " - meritatissimo - dell'ultima Mostra veneziana, annoda sapientemente le vicende private di due donne, coraggiose entrambe ma divise dalle differenze di classe, con la temperie politico-sociale del Messico dei primissimi anni settanta del secolo scorso. Un film forte, commovente, il campione di quella tendenza neo-neorealista che si sta facendo strada nel cinema contemporaneo di quà e di là dell' Oceano. Alcune sale, a Milano ed a Roma, dopo averlo tolto dalla programmazione ( è visibile sulla " piattaforma " Netflix che lo ha prodotto ) ora lo stanno rimettendo in ( limitata ) circolazione.
Rammento poi un bellissimo film polacco, anche questo in bianco e nero ( con schermo quadrato, come una volta ! ) che potrebbe sparire dai nostri schermi nei prossimi giorni : prego quindi affrettarsi se si vuole godere di una drammatica ( ma a tratti ironica e dolce ) storia d'amore sullo sfondo del contrasto tra " paradisi " comunistici e decadenti piaceri occidentali nel ventennio 1945-1965. " Cold war " , di Pavel Pawlikowski, può lasciare a tratti leggermente interdetti per lo sviluppo narrativo, ma possiede una regia di sconvolgente fulgore.
E' infine alle porte ( uscita nazionale il 27 dicembre ) una intelligente commedia agrodolce del francese Olivier Assayas di cui parlammo in questa rubrica quando fu presentato quest'autunno a Venezia con il titolo originale di " Doubles vies ". Sembrava allora che dovesse uscire da noi con il titolo ( incomprensibile ) di " Non fiction ". Lo ha cambiato ora in quello , un pò fatuo ma meno criptico, di " Il gioco delle coppie ". Se potete, vedetelo in lingua originale per gustarvi a pieno la recitazione degli attori. Ma anche doppiato non potrà certo guastarvi il piacere di assistere ad uno spettacolo gradevole e nello stesso tempo " morale " ( nel senso cioè, sulla scia dei grandi moralisti francesi del XVII e XVIII secolo, di saper cogliere alla perfezione i difetti della nostra epoca ).
E, infine, una " chicca " di cui egualmente ho parlato da poco in questa rubrica , e che è uno dei quattro o cinque capolavori di Sir Alfred Hitchcock. Esce infatti sugli schermi, ai primi di gennaio, la copia restaurata de " Gli uccelli " ( " Birds " ). Non vi dico di più, tanto il film è per me una delle vette raggiunte da uno dei più talentuosi artisti della storia del cinema ed un film celeberrimo per aver modificato per sempre il modo con cui guardiamo ormai i graziosi ed apparentemente innocui pennuti che svolazzano in cielo. Ma anche per i suoi evidenti significati metafisici e l'aura misteriosa che lo avvolge e non svanisce neppure alla fine.
Veniamo alla mia indicazione per il " film di Natale " , intendendo per tale il film che è ambientato proprio nei giorni delle Feste e che è consigliabile, in una sorta di " rito ", programmare sul vostro televisore , magari cercandolo sulle tante piattaforme " on demand" oggi disponibili, visto che purtroppo nessuna sala si perita di riesumarlo. Si tratta di " Scrivimi fermo posta " ( orrendo titolo italiano dell'originale " The shop around the corner ") e risale al lontano 1940, coevo o quasi degli altri grandi film del regista, l'austriaco emigrato negli Stati Uniti Ernst Lubitsch ( " Ninotchka ", " To be or not to be ", " Il cielo può attendere"). La vicenda, delicata ed ingegnosa al tempo stesso, vede un commesso di un negozio di oggettistica a Budapest ( James Stewart, semplicemente sublime ) impegnato in una schermaglia caratteriale ed amorosa con una collega di lavoro ( la deliziosa Margaret Sullavan ) ed è desunta da una commedia ungherese, ricca di tanti altri personaggi minori ma abilmente tratteggiati. La trama è stata poi ripresa qualche anno fa, in un contesto contemporaneo , da un discreto film di Nora Ephron ( " C'è posta per te " ) che non eguaglia però il fascino che emana dall'originale. Il Natale è veramente il protagonista , con la magica atmosfera piena di sospensione e di attesa che fa da controcanto alla bella storia raccontata da un Lubitsch in possesso, qui come negli altri suoi film, del proverbiale " tocco " che rendeva inconfondibile il suo stile.
Se di film di ambientazione interamente natalizia ne esistono diversi ( ricorderò almeno il celeberrimo " Bianco Natale " , ovvero " White Christmas " , del grande regista di " Casablanca " , Michael Curtiz ) pochi sono, a mia memoria , quelli che si svolgono il giorno di Capodanno o in cui almeno il 31 dicembre giochi un ruolo da protagonista, anche se diversi ci mostrano , en passant, celebrazioni di fine anno, peraltro puramente decorative nell'economia complessiva dell'opera ). Vi è però un film - che è il mio prescelto per rivederlo in questa data così ricca di significato e di aspettative - la cui ultima sequenza si svolge addirittura in tempo reale con i minuti che precedono lo scoccare della Mezzanotte , ed è " L'appartamento " di Billy Wilder , che risale al 1960. Ricorderete, spero, la frenetica corsa in una Manhattan deserta di Shirley McLaine per arrivare giusto in tempo, prima della fatidica mezzanotte, a ricongiungersi con uno Jack Lemmon che aveva appena disilluso per andare dal maturo amante ( il bravo ma antipatico " manager " Fred McMurray ). E tutto il film , del resto , è ambientato nei giorni che precedono, nel freddo ed umido inverno newyorchese, le festività del 25 dicembre e del 1° gennaio, in una atmosfera carica di speranza e di qualche forzata delusione . E l'happy ending finale non si può dire che cancelli del tutto , come ricorderete egualmente, l'amaro sapore di una vicenda di piccoli soprusi ed umiliazioni inflitti ai due miti personaggi principali dal torvo , misero ambiente di una grande " corporate ". Grande film umano ed umanista, secondo l'abituale canone wilderiano ed una bella occasione, ripeto, di festeggiare Capodanno con un film intelligente ed onesto, tenero e coraggioso, a mo' di ideale benvenuto al 2019 che batte alle porte.
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