sabato 27 ottobre 2018

" GIRL " di Lukas Dhont ( Belgio, 2018 )

Lara è un'adolescente di quindici anni che vive in Belgio ed ha due desideri : imparare a danzare sulle punte come le ballerine classiche, e diventare femmina. Già, perchè Lara in realtà, all'anagrafe,  si chiama Victor ed è, per il momento, un maschio a tutti gli effetti. Ma osservandolo non si direbbe proprio, tanto questi si configura esternamente come una giovane donna : lunghi e fluenti capelli biondi,  volto e corpo perfettamente glabro, abbigliamento come quello delle sue (vere) compagne di classe. Insomma, lo si prenderebbe tranquillamente per una ragazza  se non ci  fosse  quel particolare anatomico a ricordare impietosamente la sua condizione di " transgender " che ha appena iniziato un lungo e difficile percorso terapeutico  a base di ormoni femminili al termine del quale ci sarà la tanto sospirata operazione che gli farà finalmente cambiare sesso. Ecco, in estrema sintesi, come potrebbe essere raccontato questo primo lungometraggio di un giovane sceneggiatore  e regista belga, Lukas Dhont, presentato quest'anno con grande successo di critica e di pubblico al Festival di Cannes e vincitore della " Caméra d'or " , il massimo riconoscimento della sezione " Un certain régard"  nella quale concorreva. Ma sbaglierebbe chi pensasse, visto l'argomento, ad un film sensazionalistico, volto in fondo a sfruttare un tema di cui si incomincia a parlare e che può indurre più a pensieri pruriginosi o ridicolizzanti che ad uno sforzo di immedesimarsi senza preconcetti in una realtà così delicata e complessa. Ambientato a Gand (dove esiste la più grande ed affidabile clinica europea specializzata nei cambiamenti di sesso ) il film è di un rigore quasi documentaristico nel descrivere la difficile situazione di Lara (chiamiamola ormai così) e di un estremo pudore, fin dove l'esigenza drammatica lo consente, nel tratteggiarne gli aspetti psicologici e comportamentali. Un film " serio " , quindi, che evita con successo molti prevedibili tranelli nei quali avrebbe potuto andare a parare. Un film che cattura con intelligenza la nostra attenzione e che, personalmente, mi ha emozionato e commosso.

Contrariamente a quello che sarebbe stato lecito attendersi - pensiamo a più di un film , per analogia di situazioni, che abbia descritto la ricerca in età giovanile di una controversa identità sessuale -  " Girl " non ci mostra  la nostra protagonista in contrasto con la famiglia e l'ambiente circostanrte. Il padre, forse divorziato visto che non vediamo mai una madre,  non osteggia il progetto di cambiamento di sesso anzi lo sostiene, avendo accolto pienamente la vera ed insopprimibile natura di Lara. Ha accettato, per venire a stabilirsi a Gand dove  questa può seguire il trattamento medico più idoneo e studiare nel frattempo danza classica, di trasferirsi dal luogo dove la famiglia risiedeva in precedenza  (con loro  c'è anche un fratellino minore ) e di rifarsi con fatica un'esistenza personale e  professionale. La sua preoccupazione è solo quella che Lara trovi la forza e la pazienza di attendere il momento in cui potrà sostenere l'operazione sopportando nel frattempo l'ibrida, scomodissima fase di passaggio ad una piena condizione femminile. Anche l'ambiente scolastico - che ci appare perfettamente a conoscenza della situazione - non si dimostra predisposto negativamente od ostile nella realtà di tutti i giorni ( Lara condivide lo spogliatoio delle ragazze ) salvo qualche piccola, inevitabile curiosità di alcune compagne di classe. I medici poi che la hanno in cura sono gentili, solleciti, le danno spiegazioni esaurienti e tranquillizzanti. Ma le cose non sono così semplici, nè potrebbero esserlo.

Il vero nucleo drammatico del film , quello che fa la sua forza e a sua bellezza, sta infatti nella lotta , sorda , accanita, implacabile, che Lara conduce contro il suo corpo, dunque contro sè stessa. O meglio, quel corpo e quella essenza maschile che essa sente, quasi con rancore,  come estranei ormai alla sua autentica vocazione identitaria. Di qui il continuo scrutarsi nello specchio alla ricerca anche di quelle minime trasformazioni cui la cura ormonale dovrebbe  dar luogo. La meticolosità con cui Lara compie la sua complessa vestizione mattutina, volta a nascondere il più piccolo indizio di una condizione fisica diversa da quella di cui si sente ora partecipe. Il disappunto nel constatare che le cose non vanno così in fretta come vorrebbe, mentre le urgenze puberali ed i primi innamoramenti mettono alla prova la sua ancora imperfetta geografia amorosa. Anche la dura, inflessibile disciplina fisica cui Lara si assoggetta per imparare a danzare sulle punte ( con piedi evidentemente non adatti ad un tale " barbaro " esercizio ) sta a significare la sua indefettibile volontà di aver ragione ad ogni costo  degli ostacoli che si frappongono ai disegni che essa persegue. Esercizio di complicato dominio dei propri muscoli e dei propri tendini, continuo controllo del proprio equilibrio e del proprio slancio in uno spazio predelimitato, la danza cui si dedica con passione, ma anche con il  dolore fisico che prelude ad un possibile fallimento, rappresenta plasticamente la ricerca, il costante anelito evidenziati nel suo faticoso itinerario. Traiettoria verso ciò che è visto come una liberazione, un traguardo finale, una porta  tentatrice che può spalancarsi su di una vita diversa, ma anche tanto sconosciuta e non priva di insidie. In questo senso Lara, come tutti i personaggi della creazione artistica, simboleggia in sostanza un sentimento universale : l'aspirazione alla felicità che , nella condizione umana, non può disgiungersi dalla consapevolezza delle difficoltà che vi si frappongono e dal timore di non essere in grado di farvi fronte fino in fondo. Ineluttabile conflitto, questo, tra la nostra forza di volontà ed il senso di sconforto che spesso ci assale e ci riconduce prepotentemente alla miseria della nostra fragile condizione esistenziale. 

Ma tutto ciò che ho detto, lungi dal risultare sullo schermo astratto od artificioso  come potrebbe anche succedere, trova qui una forma cinematografica ( quindi concreta,fatta di carne e di sangue ) di assoluta coerenza ed una resa estetica di grande bellezza. Merito certamente dello sceneggiatore - regista Dhont ( il quale , per rendere ancora più veritieri certi stati d'animo della sua creatura, non ha esitato, nella scrittura, a farsi aiutare da un'autentica " transgender " ) e della sua abilità ellittica, della discrezione che non va mai a discapito, peraltro, della chiarezza espositiva. Guardate come ogni sequenza, nel film,  si arresta dove non è più necessario proseguire perchè tutto è appena stato detto ed ogni insistenza suonerebbe falsa ed inutile. Non conosco molti altri giovani registi che abbiano questo senso della misura accoppiato al vigore espressivo che nel cinema è egualmente indispensabile. Raccontare per immagini, cioè l'essenza del linguaggio cinematografico, è la forza stessa di un film come " Girl ", dove anche il dialogo e quel continuo pendolo sonoro tra il francese di Lara e dei suoi familiari ed il fiammingo dell'ambiente circostante hanno pure, si badi, un fascino ed una valenza tutt'altro che trascurabili. Se Lara ci sembra di averla sempre conosciuta e l'affettuosa  partecipazione con cui seguiamo la sua vicenda cresce man mano con il progredire del suo dramma personale, molto è egualmente dovuto alla mirabile interpretazione del protagonista, un giovane quindicenne belga che studia ( anche lui ! )  come ballerino e che si è calato nel personaggio con l' " aplomb " di un veterano. Victor Polster, questo è il suo nome, recita benissimo, rende credibile e terribilmente vicino a noi un personaggio " scomodo ", con le cui motivazioni , stati d'animo e comportamenti non è sempre facile cioè andare d'accordo.
Un gran bel film , dunque, che lascia bene sperare per un rinnovamento del cinema europeo, a corto negli ultimi tempi di " monstres sacrés " capaci di attirare nelle sale il grande pubblico, ma  ben fornito per fortuna di tanti giovani di talento  in grado di farci dire che la settima arte è ancora viva e non se la passa poi tanto male.




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