martedì 19 giugno 2018

" SHOPLIFTERS " di Hirokozu Koreeda ( Giappone, 2018 )

Un plauso alle " Vie del Cinema ", la manifestazione che da qualche anno porta alcuni dei film di Cannes e di Venezia in anteprima a Roma e a Milano, per averci permesso di vedere " Shoplifters " ( titolo internazionale ) del giapponese Hirokozu Koreeda, vincitore della Palma d'oro di quest'anno, in anticipo rispetto ad  una sua auspicabile uscita nel circuito commerciale italiano. Che avverrà speriamo presto, considerato anche il consenso unanime che ne ha salutato la proiezione prima ed il massimo riconoscimento poi sulla " Croisette ". Ma le vie della nostra distribuzione,  si sa,  sono imperscrutabili ed è per questo che mi è parso opportuno  cogliere ora l'occasione per poterlo valutare .
Va premesso che quello del  regista e sceneggiatore del film in questione, pur noto ed apprezzato nei festival internazionali dove le sue opere hanno avuto spesso lusinghiera accoglienza, è un nome ancora poco conosciuto dal pubblico occidentale. Tutto il cinema giapponese, del resto, negli ultimi anni non ha riscosso  il forte interesse che hanno destato invece, per restare nella cinematografia asiatica, il cinema cinese o quello coreano. Lontani insomma i tempi di Ozu, Kurosawa , Mizoguchi, per citare i tre maggiori registi del cinema nipponico di tutti i tempi che, nel secondo dopoguerra, lo resero popolare in Europa e in Nord America.Questo Koreeda, autore da una ventina d'anni a questa parte  di film intimisti e imperniati prevalentemente sui rapporti all'interno di una famiglia, era passato qui da noi  abbastanza inosservato sino ad oggi. Ed è quindi un bene che l'attenzione mediatica , dovuta proprio alla incontrastata vittoria della sua ultima opera in una competizione che  presentava tanti ottimi concorrenti, ce lo faccia ora  conoscere meglio.

Dunque, vediamo. Siamo nella periferia di Tokio, in mezzo ad un intruglio abitativo da far impallidire perfino i più sfacciati "palazzinari" romani.  Alti casoni popolari ed abitazioni dall'apparenza più borghese  si giustappongono senza una qualche logica urbanistica, tra sopraelevate che si intersecano e sulle quali sfrecciano auto e treni superveloci, tra  centri commerciali tristi e levigati come in qualunque altra megalopoli del pianeta. In basso, rasoterra, in mezzo ad una stenta vegetazione sopravvissuta non si sa come, qualche misera baracchetta di pochi metri quadrati, lamiere e legno compensato, in cui vive l'umanità più minuta. Una di queste famigliole di diseredati che ci vivono ammassati l'uno sull'altro ( ma la maggior parte degli abitanti,anche di maggior reddito, non ha a disposizione spazi molto più ampi, nella capitale giapponese ) è quella nella quale siamo introdotti dopo poche inquadrature e che  è la protagonista del film. Il capofamiglia lavora saltuariamente come manovale, la donna con cui egli vive (forse sua moglie) porta a casa una paghetta come operaia in una fabbrica di vestiario, una figlia poco più che adolescente, bellina, si industria a guadagnare pochi spiccioli come ballerina in un "peep show " di infima categoria . C'è poi un ragazzino preadolescente  ( che, causa i lunghi capelli sulle spalle ed i tratti gentili, confesso di aver scambiato all'inizio per una femminuccia ) il quale ,da solo od  insieme ai genitori ( ecco il titolo del film ) pratica spesso e volentieri l'arte di trafugare con destrezza prodotti, alimentari e non, dalle scansie di negozietti e supermercati. Per sopravvivere , certamente. Ma taluni accenni di dialogo contenuti nel film  lasciano supporre che potrebbe anche esserci, da parte del padre che è il suo istruttore ed  istigatore, un desiderio di ribellione e di rivalsa per le ingiustzie della società. Sia come sia, se non abitasse una vecchia con loro, che tutti chiamano " nonna " e che  mette in comune la pensione di riversibilità del defunto marito ed arrotonda a sua volta in modo abbastanza misterioso, c'è da credere che se la passerebbero tutti molto, molto peggio. Anzi,  la loro generosità e disponibilità  li porta addirittura, come vediamo nella sequenza d'apertura del film, ad ospitare e praticamente adottare, sfamandola e vestendola, una povera bambinella infreddolita che vive nelle vicinanze, trascurata e lasciata sola dai suoi genitori immemori, che diverrà così la sesta abitante della loro baracchetta.

Raccontato così, il film potrebbe indurci a ritenerlo un nuovo esemplare di cinema miserabilista, costruito per  commuoverci e suscitare magari in noi un vago sentimento di protesta per la precaria condizione  di questa famigliola "sui generis". Un film di denuncia, insomma. Ma non è questo l'intento di Koreeda, anche se ovviamente nulla lascia supporre che egli  giustifichi il permanere di cospicue sacche di miseria nei paesi economicamente più avanzati come il Giappone. Il film , infatti, ed è qui il suo aspetto più nuovo ed  interessante,  alla misera esistenza della famigliola in termini di possesso di beni materiali contrappone   una autentica e  prepotente gioia di vivere tra i suoi componenti, una serena aspettativa di ciò che la vita ci riserva e che non ci è dato conoscere, unite ad  un grande amore ed attaccamento reciproco. Sensazioni, stati d'animo, che non annullano certo le difficoltà in cui essi si dibattono ma le sublimano, per così dire, in un sentimento panico in cui tutto trova la sua collocazione e la sua ragion d'essere : così la soddisfazione di un buon pasto ( i protagonisti ingurgitano, sgranocchiano , sbocconcellano  lungo tutto il film, quasi ad esorcizzare lo spettro della fame ) come  la comprensibile tristezza per un inconveniente o una improvvisa difficoltà, il piacere che può dare una povera gita al mare o  la stretta tra due corpi , il freddo ed il caldo , il sole e la pioggia, l'alternanza sovrana delle stagioni. Il sentimento profondo della natura, l'osservazione amorevole delle piccole cose  (un insetto su di una pianta, come una biglia di vetro che il ragazzino nel suo bugigattolo illumina con una piccola torcia elettrica e sembra rivelargli ogni volta immagini meravigliose) sono, come sappiamo,   caratteristiche proprie della civiltà e della filosofia orientale.  Qui divengono altrettante vie da percorrere  per lo spettatore occidentale che lo aiutano a capire meglio come questa famigliola di diseredati possa vivere in sostanziale serenità e in  un equilibrio emotivo davvero per noi sorprendenti. Mentre poi , e qui il regista introduce nella seconda parte del film la sua polemica garbatamentele politica, le istituzioni pubbliche di una società come quella giapponese, che ha pur  rimedi  e sollecitudine encomiabili per contrastare il "disagio sociale ", mancano proprio - nella loro fredda ed asettica efficienza -  di quella flessibilità, di quella compassione, in breve di quell'amore che abbiamo visto dominare i rapporti della stramba famigliola. Amore che è poi, sembra ricordarci questo film, l'unica ricetta  sicura per mitigare, dandole un senso,  la nostra  triste condizione umana.

Un film, come si può capire, che poggia su solidi valori : fiducia nell'uomo, amore universale, tolleranza reciproca. Ma non un film banalmente " buonista ". I personaggi vengono posti di fronte alle loro responsabilità, Koreeda sa che viviamo in un mondo duro e che ognuno deve fare la sua parte, crescere, migliorare sè stesso e gli altri, anche se poi il corso della natura e l'evoluzione ineluttabile degli eventi umani si incaricano di indirizzare la nostra esistenza. " Grazie " , questa è  la  semplice parola che sentiamo pronunciare dalla vecchia e saggia nonna quando sulla misera  spiaggia libera dove la famigliola è andata a prendersi un momento di vacanza osserva con affetto gli altri componenti che sguazzano felici nell'acqua. Ecco, essere grati alla vita, così come viene , per quel poco o quel tanto che ci dà. Basterebbe questo, da un punto di vista contenutistico, per battere le mani a Koreeda ed amare il suo film. Ma il film, siatene certi, ha pregi e significati " alti " anche da un punto di vista strettamente cinematografico. Se si entra nella sua  particolare  estetica  (tempi più dilatati che in una normale inquadratura del cinema occidentale, insistenza sulle piccole cose, volti dei personaggi scrutati, si direbbe, in ogni minimo anfratto delle loro espressioni, sovrano dominio della natura che incombe , l'estate, l'inverno, il sole e la pioggia ) il film è di una coerenza esemplare. Ogni immagine trasmette con delicatezza eppure con potenza espressiva i sentimenti e i valori di cui si è detto prima. Apparentemente con superiore semplicità, senza sforzo apparente. Ma Koreeda, pur ispirato, non lascia nulla all'improvvisazione e compie, in realtà,  un lavoro da certosino con i suoi collaboratori tecnici abituali. La fotografia è curatissima, netta e luminosa così nelle scene invernali come in quelle delle altre stagioni. La musica è particolarmente suggestiva , come  lo sono i suoni  dell'ambiente circostante ( quella pioggia che batte sulle lamiera della baracchetta quando il padre e la madre sono soli e si abbandonano ad un momento di intimità .. ).
Ho lasciato da ultimo gli attori, a noi ovviamente totalmente sconosciuti. Non perchè non meritino, ma perchè sono tutti egualmente bravi, grandi e piccini, mirabilmente fusi in unico , solido e delicato magma di emozioni, speranze e paure dalla abilissima direzione di Koreeda. Una menzione particolare, tuttavia,  per Sakura Ando, la madre. Quando, nell'ultima parte del film , il regista le dedica un lunghissimo primo piano in cui la vediamo mentre cerca di ricacciare indietro il pianto incombente, la recitazione regala all'intero film il suo momento più delicato e poetico. Ci porteremo dietro , per molto tempo, quello sguardo, quelle mani che cercano di frenare le lacrime sul viso. Un'ottima attrice, per un film che resterà a lungo nella nostra memoria.






4 commenti:

  1. Bellissima recensione. Viene una gran voglia di vederlo.

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  2. Mi sembra molto interessante ma soprattutto la sua attenta critica , le sue parole commuovono é trascinano il lettore nel film creando il desiderio di vederlo. Superlativo commento, grazie. Spero di poterlo vedere presto. Un caro saluto.

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    1. Un caro saluto e tanti tanti ringraziamenti per la continua " fedeltà " ! Buone vacanze !

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  3. L'ho visto stasera. Molto bello davvero ma anche molto triste.

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