" The disaster artist "è un film sul cinema. Un filone, questo, davvero inesauribile. Perchè sempre il cinema, nella sua finzione, mostrerà persone che fanno , che scrivono, che interpretano film ( non importa se film immaginari o che sono stati veramente realizzati ). Il cinema, si potrebbe dire, ama sè stesso. Si compiace di vedersi raffigurato sullo schermo in un gioco di specchi che potrebbe non finire mai (pensate ad un film che descriva persone che fanno un film su delle persone che a loro volta fanno un film e via continuando... ). Tutte le arti, del resto, prima o poi lo fanno. Quanti sono i libri in cui c'è un personaggio che sta scrivendo un romanzo ? Quante le " pièces " teatrali in cui assistiamo ad una messa in scena di una commedia o di un dramma ? Quanti i quadri, perfino, in cui è dipinto un pittore che sta riprendendo a sua volta un soggetto, talvolta un paesaggio, spesso una figura umana ? E non è solo, io credo, il gusto di autocelebrarsi, di eternizzare, affidandolo all'opera compiuta, l'effimero momento della creazione filmica, letteraria o pittorica . No, c'è qualcosa d'altro. L'arte, raffigurandosi, in realtà interroga sè stessa. Cerca di dare una risposta alla domanda che ogni autore si pone: cosa sto facendo e perchè lo sto facendo, qui e non altrove. Massimamente ciò è vero al cinema e forse nel teatro ( si pensi al gioco pirandelliano finzione - realtà dei " Sei personaggi " o di " Enrico IV "). Nella creazione filmica l'intreccio tra la " cosa rappresentata "- le riprese di un film , ad esempio - e l'atto del rappresentare ( la macchina da presa che inquadra il lavoro dei tecnici, del regista, degli attori ecc. ) induce a chiedersi quale sia la realtà ( quella del film cui stiamo assistendo in quel momento sullo schermo oppure quella, altrettanto viva ed evidente, del film ivi raffigurato ed al quale , per così dire, viene data vita all'interno di quest'ultimo ). Un gioco di scatole cinesi o, se si preferisce, di continui , reciproci rimandi che ci porta a concludere che il cinema in generale è tutto " finzione " ( scaturita dalla mente dei suoi autori ) e, al tempo stesso, tutto " realtà " ( quella ancora più vera del vero che, come in un sogno, si impadronisce dei nostri sensi e delle nostre facoltà di reazione facendoci credere di essere lì, abbattendo l'immaginaria parete che separa gli spettatori dall'azione filmica).
" The disaster artist " ( letteralmente " l'artista del disastro ", intendendo con quest'ultimo il pessimo film che il protagonista, nella vicenda narrata, riesce malamente a portare a termine ) è una storia vera. Riprende le vicissitudini che portarono, nel 2003, tale Tommy Wiseau, un aspirante attore senza alcun talento, un personaggio di dubbia provenienza ma dotato di cospicui mezzi finanziari, a girare interamente a sue spese ,ai margini di Hollywood, il film " The room " da lui prodotto, diretto ed interpretato insieme all'amico Greg Sestero. Il film, dotato di un soggetto ed una sceneggiatura bislacchi- una storia di amicizia virile minata dal tradimento di una donna, con una quantità però di "subplot" mal collegati tra di loro- risultò ancora peggiore una volta montato e pronto per essere mostrato al pubblico a causa della erratica e poco professionale direzione dello stesso Wiseau e della sua quantomeno discutibile interpretazione nel ruolo principale. Grosso insuccesso commerciale in un primo momento (a fronte dei sei milioni di dollari che era costato, ne incassò poche migliaia ) fu poi ritirato dagli schermi venendo giudicato uno dei più brutti, se non il più brutto di sempre, tra i film realizzati dall'inizio della storia del cinema . Proprio questa " enormità ", dovuta anche ad una pretesa atmosfera " altamente drammatica " che al film voleva infondere Wiseau e che scadeva invece per lo più in una vera e propria farsa involontaria, attirò in un secondo momento l'attenzione dei cinefili e del pubblico più smaliziato degli " States ". In cerca sempre di nuovi " idoli " e di situazioni " estreme ", costoro ne fecero un autentico " film di culto " , da vedere e rivedere per meglio apprezzarne il lato grottesco e decisamente surreale, Ancora oggi, pare , " The room " è proiettato ogni tanto da qualche parte in Nord America di fronte a folle di spettatori entusiasti che gli riservano accoglienze pari a quelle, ad esempio, tributate ad un altro " cult movie " qual'è il celebre " The Rocky Horror Picture Show ", con recitazioni ad alta voce in sala delle battute più celebri , fremiti e risate seguite da autentiche ovazioni. Stranezze, potremmo dire, del pubblico nordamericano. Ma anche prova di come alla fine, al cinema, non contino tanto le intenzioni degli autori quanto il modo con cui il film finisce coll'essere recepito ( tra tutte le forme d'arte il cinema , si sa, è quella che deve affidarsi maggiormente alla sensibilità del singolo spettatore ).
Riprendendo le considerazioni che avevo sviluppato prima, a me pare che " The room " , il film di Wiseau, del quale , alla fine di " The disaster artist ", ci vengono mostrate delle " clip " autentiche, accanto al rifacimento delle stesse scene attuato dal film di Franco, sia la migliore prova di come l'immaginario filmico ( intendendo per tale non solo l' "oggetto film" ma con esso l'insieme di sensazioni e le reazioni che ne ricava lo spettatore ) finisca col " fagocitare " il film stesso ed essere poi il "vero" protagonista del fenomeno-cinema. Non voglio dire che quanto viene girato sia solo l' " antefatto ", in un certo senso , del film che poi ognuno di noi si " rifà " nella propria mente. Ma , certo, nel cinema quanto ci mette di suo lo spettatore, per la natura onirica e quasi direi metafisica dell' " oggetto film ", è più importante che nelle altre arti, dove il fruitore ( lettore, ammiratore di un quadro ) ha limiti obiettivi ( la struttura linguistico-letteraria del libro, il perimetro della superficie dell'opera pittorica ) al suo fantasticare, al suo " vivere in trance " l'esperienza che gli è offerta invece dal film . Se il cinema, mostrando l'atto di filmare,si interroga su sè stesso, sul suo significato, sul suo statuto nell'insieme delle varie espressioni artistiche, " The disaster artist " con la sua paradossale vicenda di disastro-successo ci offre più di una ( convincente ) risposta.
Bel film , dunque, che procede spedito fino all'epilogo che si è detto, ripercorrendo la storia dell'amicizia tra Tommy ( Wiseau ) e Greg ( Sestero ), le stentate ed alterne fortune dei due nella mecca del cinema, la decisione di Tommy di scrivere e girare un film, la scelta dei collaboratori, il " tournage " vero e proprio , dominato sempre dalla straripante e folle personalità di Wiseau. Ecco, se un appunto ( non lieve ) si può fare al film è proprio questo strapotere del " demiurgo " Wiseau che finisce un pò, nell'economia di " The disaster artist ", con lo schiacciare tutto il resto, conferendo al film una dimensione un pò troppo personale (che " The room " certamente personale lo fosse per Wiseau non vuol dire che il racconto della sua nascita debba necessariamente riprodurre la stessa caratteristica ! ). Insomma, Franco è bravo come regista ( il film ha ritmo, mordente, si lascia vedere con piacere ) ed ancora più bravo è come attore ( ma qui forse, innamorato del personaggio che gli somiglia tremendamente, esagera un tantino ). A posto gli altri ( attori ) come si sarebbe detto una volta. Il film, infine, mi è parso anche una bella meditazione su come un film ( sempre " The room " ) che era nato come antitesi artistico-produttiva al sistema hollywoodiano finisca poi, al momento del definitivo successo, coll'essere riassorbito dal sistema e a divenire parte di quell'infernale " macchina del divertimento " che muove le folle ed i soldi. Bella lezione per i " rivoluzionari " e i " solitari " di questi tempi, tempi in cui il successo e la consacrazione artistico-commerciale possono saltar fuori perfino da un disastro...annunciato e forse perfino inconsciamente ricercato.
" The disaster artist " ( letteralmente " l'artista del disastro ", intendendo con quest'ultimo il pessimo film che il protagonista, nella vicenda narrata, riesce malamente a portare a termine ) è una storia vera. Riprende le vicissitudini che portarono, nel 2003, tale Tommy Wiseau, un aspirante attore senza alcun talento, un personaggio di dubbia provenienza ma dotato di cospicui mezzi finanziari, a girare interamente a sue spese ,ai margini di Hollywood, il film " The room " da lui prodotto, diretto ed interpretato insieme all'amico Greg Sestero. Il film, dotato di un soggetto ed una sceneggiatura bislacchi- una storia di amicizia virile minata dal tradimento di una donna, con una quantità però di "subplot" mal collegati tra di loro- risultò ancora peggiore una volta montato e pronto per essere mostrato al pubblico a causa della erratica e poco professionale direzione dello stesso Wiseau e della sua quantomeno discutibile interpretazione nel ruolo principale. Grosso insuccesso commerciale in un primo momento (a fronte dei sei milioni di dollari che era costato, ne incassò poche migliaia ) fu poi ritirato dagli schermi venendo giudicato uno dei più brutti, se non il più brutto di sempre, tra i film realizzati dall'inizio della storia del cinema . Proprio questa " enormità ", dovuta anche ad una pretesa atmosfera " altamente drammatica " che al film voleva infondere Wiseau e che scadeva invece per lo più in una vera e propria farsa involontaria, attirò in un secondo momento l'attenzione dei cinefili e del pubblico più smaliziato degli " States ". In cerca sempre di nuovi " idoli " e di situazioni " estreme ", costoro ne fecero un autentico " film di culto " , da vedere e rivedere per meglio apprezzarne il lato grottesco e decisamente surreale, Ancora oggi, pare , " The room " è proiettato ogni tanto da qualche parte in Nord America di fronte a folle di spettatori entusiasti che gli riservano accoglienze pari a quelle, ad esempio, tributate ad un altro " cult movie " qual'è il celebre " The Rocky Horror Picture Show ", con recitazioni ad alta voce in sala delle battute più celebri , fremiti e risate seguite da autentiche ovazioni. Stranezze, potremmo dire, del pubblico nordamericano. Ma anche prova di come alla fine, al cinema, non contino tanto le intenzioni degli autori quanto il modo con cui il film finisce coll'essere recepito ( tra tutte le forme d'arte il cinema , si sa, è quella che deve affidarsi maggiormente alla sensibilità del singolo spettatore ).
Riprendendo le considerazioni che avevo sviluppato prima, a me pare che " The room " , il film di Wiseau, del quale , alla fine di " The disaster artist ", ci vengono mostrate delle " clip " autentiche, accanto al rifacimento delle stesse scene attuato dal film di Franco, sia la migliore prova di come l'immaginario filmico ( intendendo per tale non solo l' "oggetto film" ma con esso l'insieme di sensazioni e le reazioni che ne ricava lo spettatore ) finisca col " fagocitare " il film stesso ed essere poi il "vero" protagonista del fenomeno-cinema. Non voglio dire che quanto viene girato sia solo l' " antefatto ", in un certo senso , del film che poi ognuno di noi si " rifà " nella propria mente. Ma , certo, nel cinema quanto ci mette di suo lo spettatore, per la natura onirica e quasi direi metafisica dell' " oggetto film ", è più importante che nelle altre arti, dove il fruitore ( lettore, ammiratore di un quadro ) ha limiti obiettivi ( la struttura linguistico-letteraria del libro, il perimetro della superficie dell'opera pittorica ) al suo fantasticare, al suo " vivere in trance " l'esperienza che gli è offerta invece dal film . Se il cinema, mostrando l'atto di filmare,si interroga su sè stesso, sul suo significato, sul suo statuto nell'insieme delle varie espressioni artistiche, " The disaster artist " con la sua paradossale vicenda di disastro-successo ci offre più di una ( convincente ) risposta.
Bel film , dunque, che procede spedito fino all'epilogo che si è detto, ripercorrendo la storia dell'amicizia tra Tommy ( Wiseau ) e Greg ( Sestero ), le stentate ed alterne fortune dei due nella mecca del cinema, la decisione di Tommy di scrivere e girare un film, la scelta dei collaboratori, il " tournage " vero e proprio , dominato sempre dalla straripante e folle personalità di Wiseau. Ecco, se un appunto ( non lieve ) si può fare al film è proprio questo strapotere del " demiurgo " Wiseau che finisce un pò, nell'economia di " The disaster artist ", con lo schiacciare tutto il resto, conferendo al film una dimensione un pò troppo personale (che " The room " certamente personale lo fosse per Wiseau non vuol dire che il racconto della sua nascita debba necessariamente riprodurre la stessa caratteristica ! ). Insomma, Franco è bravo come regista ( il film ha ritmo, mordente, si lascia vedere con piacere ) ed ancora più bravo è come attore ( ma qui forse, innamorato del personaggio che gli somiglia tremendamente, esagera un tantino ). A posto gli altri ( attori ) come si sarebbe detto una volta. Il film, infine, mi è parso anche una bella meditazione su come un film ( sempre " The room " ) che era nato come antitesi artistico-produttiva al sistema hollywoodiano finisca poi, al momento del definitivo successo, coll'essere riassorbito dal sistema e a divenire parte di quell'infernale " macchina del divertimento " che muove le folle ed i soldi. Bella lezione per i " rivoluzionari " e i " solitari " di questi tempi, tempi in cui il successo e la consacrazione artistico-commerciale possono saltar fuori perfino da un disastro...annunciato e forse perfino inconsciamente ricercato.
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