Dopo " Attacco al treno " di Clint Eastwood, ecco un altro film che sta facendo discutere. Occorre dire che il cinema italiano da troppi anni a questa parte evita quasi sempre di parlare un pò meno superficialmente di noi, della nostra società, delle idee(o dell'assenza di idee) che ci contraddistinguono. Non si tratta di tornare ad un cinema militante , schierato, per carità. Ne abbiamo avuto fin troppo negli anni settanta del secolo scorso per desiderare che torni nuovamente in campo. Ma qualche opera , o anche operina, che ogni tanto scavi con sagacia nel nostro immaginario quotidiano, fuori dai sentieri troppo battuti della commediola all'italiana, quella l'accetteremmo con piacere.
E' fortunatamente il caso, da pochi giorni in sala, di questo " Sono tornato " che non ha paura di confrontarsi con il più famoso uomo politico italiano del Novecento. Sì, quello che "è tornato", lo avrete capito, è lui , il cavalier Benito Mussolini, duce del fascismo. Ma l'azione non è posta negli anni- giudicati ormai dalla storia - in cui condizionava i destini del nostro Paese. Piuttosto, questa volta , si immagina un " ritorno " di un Mussolini magicamente redivivo nell' Italia di oggi, anno di grazia 2018, con le elezioni legislative ad un passo. Insomma, roba nostra, fresca di giornata. Anche se il film- lo hanno rilevato tutti - è un libero rifacimento di un film tedesco ( " Lui è tornato " ) che descriveva in chiave satirica le reazioni ad una sorprendente ricomparsa in patria del dittatore nazista, non mi sembra che questo ne limiti il valore, come pur alcuni hanno detto, od implichi di analizzare per forza quale delle due opere sia la meglio riuscita o la più significativa. Diversi i due personaggi storici, diverse evidentemente le conseguenze sull'opinione pubblica che il loro inopinato ricomparire sulla scena sarebbe capace di determinare. E differente, quindi, l'approccio del mezzo filmico a due ipotesi , in fondo, piuttosto diverse .
" Risorto " a Roma, con tanto di divisa gallonata, all' Esquilino, in pieno quartiere multiculturale, le prime battute di Mussolini ( " Ma siamo a Roma o ad Addis Abeba ? ", " Ci sono troppi invertiti " o giù di lì ) sono , non tanto sorprendentemente, le stesse frasi che si possono sentire ogni giorno a spasso per le nostre città. Creduto un attore così profondamente immedesimato nella parte del Duce da non abbandonare mai il suo personaggio, Mussolini ( che intanto, da grande conoscitore degli italiani quale ritiene di essere, si è convinto della fattibilità di un piano di riconquista di un Paese " liquido " e policentrico come gli appare l' Italia di oggi ) visita, " chaperonato " da un timido autore di documentari televisivi, varie zone della penisola per saggiare le reazioni dell' opinione pubblica. Favorevolmente colpito dall'esistenza di straordinari strumenti di comunicazione di massa sconosciuti ai suoi tempi quali televisione, computer, smartphone, decide che la sua azione politica si svilupperà proprio attraverso quei potenti mezzi di condizionamento dell'opinione pubblica. A partire da questo momento il film si dipana tra alterne vicende che portano Mussolini a capire, sulla base dell'accoglienza ricevuta, come gli italiani, che nella schiacciante maggioranza non lo hanno mai conosciuto e che sul personaggio storico hanno le idee quantomai confuse, potrebbero perfino acclamarlo nuovamente quale supremo punto di riferimento. Questa volta, magari, nei panni di una " superstar " televisiva se non più come un leader politico vero e proprio . Ma, sapendo quanto siano labili le frontiere tra queste due figure, un brivido incomincia già a scenderci per la schiena. Non dirò oltre per non guastarvi il piacere di seguire da voi cosa succede nei ripetuti incontri tra Mussolini e i nostri connazionali di oggi e quali sono le reazioni e le alterne fortune cui egli va incontro nel film. Reazioni certo immaginarie ma non credo lontane dalla verosimiglianza, a giudicare da ciò che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, laddove il caso davvero si ponesse.
" Io non ho creato il fascismo ma mi sono limitato a tirarlo fuori dalla coscienza degli italiani". E' questa, se non ricordo male, una frase che il vero Mussolini ebbe a pronunciare. E potrebbe essere la cifra interpretativa seguita dal regista Luca Miniero ( autore, con Domenico Guaglianone , anche della sceneggiatura ). Una conclusione che può apparire molto malinconica se pensiamo al nostro bello e grande Paese che ci lludevamo immunizzato per sempre, con l'avvento della democrazia, dalle tentazioni autoritarie, dall'intolleranza e dalla rabbia aggressiva che ne avevano contrassegnato le trascorse vicende. E che invece , magari in una chiave diversa ma non meno insidiosa, sono più vive che mai. Fin troppo facile scomodare il populismo e i rigurgiti razzisti dei nostri tempi, l'ignoranza e la protervia di tante , troppe realtà che ci circondano. Certo, possiamo , anzi dobbiamo condannare gli uni e le altre. Ma dovremmo anche scovare ed esorcizzare quel tanto di " fascismo " che è in noi e che non ha , purtroppo, un unico colore politico. Il " fascismo quotidiano ", quello fatto di facili schemi, di idee preconcette, di vecchie e nuove chiusure. Può un piccolo film come questo contribuire, sia pure in minima parte, ad un compito così difficile ? E non ci sarà il rischio che la figura di Mussolini, resa così sorprendentemente attuale e ribaldamente accattivante da una interpretazione magistrale dall'attore che lo impersona , riesca perfino "simpatica " ad una parte, almeno, del pubblico ( che magari, senza dirle , pensa esattamente le stesse cose sull' Italia di oggi ) ? Confesso che non ho la risposta. Ma il film , in verità, e potrete vederlo da voi, è piuttosto attento ad evitare questo pericolo e ci riesce ( quasi ) del tutto. Senza peraltro diventare un noioso "pamphlet " banalmente antifascista, ma anzi giocando continuamente con arguta leggerezza ( per quanto la materia possa consentirlo ) sul parallelismo tra " fabbrica del consenso " di mussoliniana memoria e ricerca, a tutti i costi, del " successo di immagine " di odierna impronta televisiva ed informatica.Per il resto,come sempre, se ne deve incaricare proprio la nostra coscienza a farci riflettere, ad indicarci la via migliore nella nostra travagliata esistenza di individui e di comunità nazionale. Il film , allora, sarà pago di averci almeno offerto lo spunto per una piccola, ma non trascurabile, autoanalisi.
Elogiato il film per il modo intelligente ed equilibrato con cui affronta una materia per altri versi incandescente, dirò anche che offre un ritrattino dell' Italia di oggi- aperta allo sguardo avido ed astuto del Mussolini redivivo - forse non originalissimo ma spesso aderente alla realtà ancorchè poi, in qualche momento di maggiore stanchezza, leggermente edulcorato e un tantino ripetitivo. Merito di una singolare figura di cineasta e creatore di immagini quale è Luca Miniero, cinquantenne napoletano che ha fatto praticamente di tutto nella sua non lunghissima carriera, dal lungometraggio al corto pubblicitario, dal documentario alla fiction televisiva. Speriamo che il successo di " Sono tornato " gli offra spazio, in avvenire, per prove ancora più impegnative. Visivamente il film non è affatto male, con quel misto di finzione vera e propria e di " docufilm ", forse non perfettamente dominato ma almeno lontano dall'estetismo patinato e perfettino di tanti film nostrani nettamente insignificanti.
Commetterei una grossa ingiustizia se non dicessi che buona parte del felice esito complessivo del film vada riconosciuta alla interpretazione davvero superlativa di Massimo Popolizio. Il suo Mussolini non è solo aderente alla verità " storica " del personaggio ma va addirittura oltre,acquistando dimensione iperrealista, quasi una compiuta incarnazione del " carattere nazionale ". Merito di un modo di catturare il personaggio davvero encomiabile e che molto deve alla cospicua esperienza teatrale dell'interprete. Lodata l'interpretazione di Stefania Rocca e di Gioele Dix ( i due produttori televisivi in aperta competizione ) e quella di Frank Matano ( il timido documentarista ) mi sia consentito di dedicare una menzione particolare ad Emanuela Belcamino, la giovane speranza del nostro cinema che interpreta Francesca. Molto graziosa davvero, ha uno sguardo tra il malizioso e l'ingenuo di cui si erano perse le tracce ed è facile per lei pronosticare un luminoso avvenire.
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