lunedì 16 settembre 2019

" TESNOTA " di Kantemir Balagov ( Russia, 2017 )

Ecco un film che mi piace segnalare ancorchè consapevole del fatto che probabilmente potranno vederlo in pochi , visto che  è in circolazione da noi dai primi di agosto ( bel periodo per far uscire un film importante come questo... ) ed è ormai relegato, almeno qui a Milano,  in qualche cinemino , eroico difensore dei film di qualità ma decisamente fuori dal circuito principale. Ma, che lo  si riesca a  vedere oppure no, ne voglio egualmente parlare perchè è ammirevole nella sua semplicità (tra l'altro è costato pochissimo  ) e al tempo stesso assai pregevole nei risultati artistici. Una testimonianza, insomma, di una certa idea di cinema. Quella in cui crediamo e che va difesa contro le derive che oggi si sono fatte particolarmente prepotenti. Segno che , al cinema come nell'arte in generale, contano soprattutto la freschezza delle idee, la coerenza e il coraggio di chi dà loro forma con onestà di intenti e capacità di catturare l'attenzione dello spettatore.
" Tesnota ", l'ho imparato adesso , in russo vuol dire " ristrettezza ", " strettoia ": la condizione , insomma, della persona impossibilitata a muoversi liberamente, stretta, a volte quasi soffocata da qualcosa di fisico e/o, più spesso, di immateriale: idee, pregiudizi, vischiosità di vario genere che le impediscono di raggiungere l'obiettivo cui tende. Ed anche il film, in un certo senso, qui in Italia, si è trovato in una situazione del genere. Relegato nel novero dei " film da festival " ( il film era stato in una sezione parallela, a Cannes, nel 2017 ) cioè il serbatoio  dove attendono quelle opere " autoriali " che distributori ed esercenti sdoganano col contagocce, timorosi che facciano pochi incassi e sottraggano spazio ai prodotti più redditizi, ha messo due anni dalla sua nascita ufficiale e diciotto mesi dall'apparizione sul mercato migliore per i film di qualità, quello francese, prima di uscire finalmente in Italia.

E nella " ristrettezza " esistenziale sembra muoversi la protagonista di questa vicenda : una giovane donna, non più in età adolescenziale ma non ancora affrancata dalla rispettosa sottomissione ai genitori. Dobbiamo dire che siamo in una remota regione d' Europa, il Caucaso settentrionale. E più precisamente nella Repubblica autonoma Cabardina, uno dei tanti frammenti etnico-geografici finiti un giorno nella sterminata Russia. La ragazza è ebrea ortodossa, di una piccola ma coesa minoranza che vive accanto alla preponderante comunità cabarda. Due realtà diverse nel grado di sviluppo ( quella ebraica interroga ancora la Torah per risolvere i propri problemi ) ma entrambe costrette ( ancora la ristrettezza ! ) a condurre una vita povera in tutti i sensi e senza grandi prospettive. Non così la nostra giovane ebrea, sprizzante di luce, di energia, di voglia di determinare autonomamente il proprio destino. Ma, tra avvenimenti drammatici di cui qui non dirò, la sua " doppia fedeltà " ( al gruppo familiare, alla comunità, alla tradizione da un lato e alla propria intima natura , ai propri progetti ed al desiderio di realizzarli dall'altro) verrà duramente messa alla prova. Posta "alle strette ", la ragazza deciderà. Un  bel tema, non certo nuovo, ma declinato qui in modo affascinante, attraverso passaggi di sceneggiatura sempre ben calibrati ( Martin Eden ,stai ascoltando ?... ) e un amore per i suoi personaggi e una fedeltà alle loro ragioni che piacerebbe vedere più spesso in tanto cinema d'oggi, dimentico del fatto che anche la finzione, al cinema come nella scrittura, ha le sue regole di verosimiglianza e di credibilità alle quali nessun autore può sfuggire.

Ma il film , oltre che ai valori del racconto in quanto tale ( e già non sarebbe poco ) unisce un andamento cinematografico di grande spessore, da artista consumato ( il regista e cosceneggiatore ,quando lo ha girato aveva solo ventisei anni ! ). A cominciare, certo , dalla fluidità del dipanarsi del filo del discorso, tra immagini sempre pregnanti, mai banali anche quando sembrano confuse, sovraesposte, maldestre ( e non lo sono, vi assicuro ) e personaggi descritti benissimo nella loro individualità di creature reali, in carne ed ossa, non fantasmi nati dalla fantasia sterile e malata di certi autori contemporanei. Ma un merito del film è quello di darci anche un'ambientazione ( gli interni della casa della ragazza, la squallida stazione di benzina del ragazzo cabardo con cui ha una relazione amorosa ) non tanto da " cinema- verità ", come potrebbe pensarsi troppo facilmente. Quanto sublimati, rivissuti e descritti in modo fedele certamente al vero ma artisticamente autonomo, vicino alla sensibilità del regista e capace di aggiungere qualcosa alla descrizione dei personaggi, dell'ambiente in cui si muovono. Ecco così i toni caldi, le tinte vivaci eppur tendenti allo scuro della casa della famiglia ebrea e le tinte fredde , slavate, quasi con sentore di disfacimento e di morte della cittadina cabarda, poco di più di un provvisorio accampamento di nomadi con i soli edifici pubblici di mostruosa imponenza, eredità dell'epoca sovietica.
Un film molto intelligente ma non intellettualistico. Vissuto col cuore dall'autore, uscito da quelle comunità per studiare cinema a San Pietroburgo ma profondamente segnato dall'esperienza giovanile. E , soprattutto, una lezione di realtà, di verità, di amore per la vita. Una lezione di cui il cinema d'oggi ha molto bisogno. Fortunati, quindi, coloro che riusciranno a vedere " Tesnota " !

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