E' in corso a Milano- dopo essere stata a Roma- la consueta rassegna di film presentati all'ultimo Festival di Venezia, cui si aggiungono talune pellicole provenienti dal Festival di Locarno, sempre di quest'anno.Anche se stavolta mancano purtroppo i titoli più attesi, incluso il Leone d'oro, si tratta sempre di un evento molto seguito dal pubblico degli appassionati. Esso permette infatti di vedere in anteprima opere di un qualche interesse ma che magari i distributori ( sempre loro... ) immetteranno nel circuito commerciale solo tra qualche tempo. Senza considerare poi quei film , egualmente buoni se non migliori, che addirittura - se non ci fosse questa occasione - non vedremmo mai perchè ritenuti, a torto o a ragione, poco redditizi per una ordinaria programmazione nelle sale.
Il film che ha aperto la rassegna è stato " Madame Hyde ", francese, diretto da Serge Bozon. Il regista non è conosciutissimo internazionalmente ( io non avevo mai visto nulla di suo, prima di oggi ) ma in patria deve pur riscuotere qualche credito, come dimostra il fatto che è il secondo film di seguito che gira con Isabelle Huppert, cioè con un " mostro sacro " del cinema transalpino. Attore e critico cinematografico a tempo perso, oltre che " metteur en scène ", Bozon potrebbe passare per una personalità poliedrica e quindi abbastanza degna di nota. A giudicare però da questa sua prova lo si dovrebbe , come si diceva una volta per gli scolari, rinviarlo ad ottobre. Attenderlo cioè ad una prova migliore, che ci convinca pienamente della sua perizia e soprattutto della sua idea di cinema. Fare cinema per me, l'ho detto altre volte, significa esprimere una visione del cinema stesso e del mondo ben strutturata sul piano estetico ed anche etico, perchè no . E al tempo stesso coinvolgere, emozionare il pubblico. Qui, invece, mi sembra si siano battute altre strade. A cominciare da quella dell'intellettualismo, inteso come tentativo di appellarsi solo al cervello dello spettatore, costretto a cogliere allusioni, pretese " finezze " di sceneggiatura e di regia, rinvii ed ammiccamenti ad altri film, ad altri contesti. Un gioco, appunto, tutto intellettuale e che ci lascia a digiuno rispetto alla nostra abituale fame di storie, situazioni e personaggi che abbiano spessore narrativo e che arrivino a farci provare qualche sensazione forte ed autentica. Se no, ditemi voi, perchè perdere tempo a scrutare delle ombre che si muovono su di uno schermo ?
Giudicate voi. Una insegnante in un liceo tecnico di una delle tante problematiche "banlieues " francesi, una timida ed apprensiva cinquantenne che risponde al nome di Madame Géquil ( capita la sottilissima allusione al probo dottor Jekyll del racconto di Stevenson ? ) ci viene mostrata come vittima prediletta del preside, dei colleghi , degli indisciplinatissimi allievi, perfino di due famelici alani neri posseduti da una mastodontica ed inquietante vicina di casa. Insicura, esitante perfino nei confronti del marito, l'unica persona peraltro che dimostri un pò di tenerezza per lei,essa si dedica la sera al suo unico apparente interesse nella vita, cioè alcuni misteriosi esperimenti scientifici, in una baracchetta nel compound della scuola cui solo lei ha diritto di accedere. Uno di questi tentativi con provette ed elettricità va a male, ci sembra di capire, per un improvviso guasto di corrente durante un temporale che trasmette alla nostra ricercatrice una forte scossa e la lascia bizzarramente alterata. Ed ecco madame Géquil trasformata, in certe notti di insonnia, in una assertiva ed implacabile Madame Hyde ( sì, proprio come nel " classico " cui lontanamente si ispira questo film ) che percorre l'abitato in una " mise " quanto mai eccentrica, a metà tra il negativo di una fotografia ( il " doppio " della nostra abituale natura ? ) e una specie di arco voltaico ambulante , con scintille e linguelle di fuoco, pronto a trasmettere a sua volta scariche mortali alle malcapitate creature che vengono da lei avvicinate.Vengono così eliminati, gli uni dopo gli altri, i due odiati alani che la terrorizzavano e un insulso " rappeur " nero aduso , con i suoi compari, ad allietare musicalmente- si fa per dire - le pacifiche notti dei laboriosi " banlieusards ". Invece un allievo della nostra Madame Géquil/Hyde,un adolescente diversamente abile di origine magrebina il quale la tormentava in classe ma era poi da lei apprezzato per il suo inusuale interesse per la fisica ed in particolare l'elettrotecnica, rimane solo fortemente bruciacchiato dal contatto con la inquietante apparizione e si salva . Dopo di che, Madame Géquil, resasi conto dei danni che può arrecare una Madame Hyde così malamente intenzionata, si autodenuncia alla polizia e, per fortuna di tutti, spettatori inclusi, esce di scena ponendo termine all'inquietante giochino.
Intendiamoci. Riscrivere in chiave moderna l'appassionante, tragica vicenda di Jekyll e Hyde o anche soltanto ispirarsi ad essa per tornare ad esplorare il dritto ed il rovescio dell'anima umana, l'inscindibile ma pericolosa coesistenza nella nostra natura del bene e del male, è operazione del tutto legittima e tentata più volte anche al cinema. Ma chi si accinge all'impresa, scrittore, sceneggiatore, regista, deve avere le idee molto chiare e far capire bene le proprie intenzioni. Qui Bozon ha invece , a mio personale avviso, ciurlato nel manico ed ingannato il suo pubblico. Partito apparentemente per una scontata satira di costume ( la scuola di Madame Géquil, ricettacolo di tante pratiche demenziali all'insegna del " politically correct " infuso in un tessuto educativo sempre più slabbrato ) sceglie poi di percorrere i sentieri sdrucciolevoli del fantastico ( l'inquietante trasformazione della protagonista in Madame Hyde ) senza averne la reale capacità visionaria ed il coraggio di sostenere fino in fondo l'astruseria di un siffatto registro . Esitante tra una possibile e graffiante " cattiveria " della sua eroina ( resta poi da capire cosa le avessero fatto le sue sfortunate vittime, cani compresi ...) ed il "buonismo" del tentativo di quest'ultima volto a recuperare attraverso l'amore per le scienze l'allievo che inizialmente non la rispettava e guidava quotidianamente l'azione di disturbo delle sue lezioni di fisica, il film dà l'impressione di non sapere in che direzione andare. E si perde quindi in caratterizzazioni quasi macchiettistiche dei personaggi minori. Ecco così il preside vanesio ed ambizioso, l'ispettore scolastico poco perspicace, il marito "modello" preoccupato per una moglie così speciale, l'inquietante e straripante vicina di casa, due allieve in continuo ed odioso rimprovero delle manchevolezze pedagogiche della povera Madame Géquil . Tutti " sottotesti " , diremmo gergalmente, che non aggiungono nulla alla vicenda centrale, anzi la rendono ancora più confusa ed insulsa. Nè critica di costume ( e Dio sa se non ce ne sarebbe bisogno con i tempi che corrono ) nè apologo sulle pieghe nascoste dell'animo umano, questo " Madame Hyde " naufraga inevitabilmente nel bozzettismo dell'ennesimo film sui quartieri periferici ed annessi stabilimenti scolastici di una Francia multietnica, in chiave ora ironica ora scontatamente comica. E tenta, addirittura, un ardimentoso quanto problematico recupero della assurda storiella virando verso il film horror, il mistero, la dimensione fantastica, senza averne - ripeto - nè le capacità tecniche ( Madame Hyde e il suo cerchio di fuoco , a volte , più che la paura, ci infondono il buonumore che potrebbe darci un ingegnoso travestimento per un party di Halloween ) nè l'afflato ed il respiro morale ed estetico ( la sua Madame Géquil è quasi più scialba ed antipatica delle modeste persone che la circondano e le sue motivazioni restano incomprensibili ).
Anche qui, mi sento di poter dire, il difetto sta nel manico. Cioè nella sceneggiatura , che invece di condividere come le volte precedenti con la moglie, l'attrice e regista Axelle Ropert, Bozon ha voluto caricarsi interamente sulle sue spalle. Vale il discorso di sempre : cattiva sceneggiatura, cattivo film. La sceneggiatura , a sua volta, deve essere il riflesso di una visione chiara, sufficientemente precisa degli obiettivi estetico-morali che vuole perseguire il film. Quando questa visione non c'è o è debole e confusa - come nel caso di specie- incominciano i guai : si vaga tra più tematiche senza affrontarne veramente nessuna e non ci si accorge delle inevitabili incongruenze narrative cui si presta una sceneggiatura raffazzonata e poco professionale ( quelle lunghe ed astruse spiegazioni di fisica della prof Géquil che ci stanno a fare , cosa aggiungono realmente al personaggio ? ) Anche il regista Bozon ( come lo sceneggiatore Bozon ) non riesce a muoversi con sufficiente coerenza in questo guazzabuglio. Alterna inquadrature molto studiate ( le scene notturne della banlieue) ad immagini da sceneggiato televisivo, sciatte e frettolose ( gli " interni " della scuola e della casa della protagonista ) Una prova, sul piano estetico, puramente anodina, senza vera personalità. Ci sono film tutto sommato lisci e levigati come un gigantesco cubo di plastica nel quale non si ha voglia di entrare, di visitarlo, di lasciarsi coinvolgere, di interrogarsi su cosa voglia dire chi l'ha ideato. Basta, il cubo sta lì. E tra noi e lui c'è uno spazio che ci separa irrimediabilmente.
Resta da dire dell'interpretazione. Nessuno mi toglie dalla mente che il soggetto sia piaciuto ad una Huppert in cerca di personaggi " estremi " dopo il successo di " Elle ". La sua interpretazione ( premio a Locarno ) è tutta in sottotono nella prima parte ( la timida Madame Géquil ) ed acquista man mano vigore quando subentra la trasformazione in Madame Hyde e la sua vera personalità, forte ed assertiva, finalmente si fa strada . Una buona prova, senza dubbio, ma un tantino sprecata.
Nel consigliare o meno i film al pubblico dei lettori, i " Cahiers du Cinéma " classificavano i film dal punto di vista del valore e dell'importanza,oltre che con le classiche stelle, con il ricorso a delle frasette standard . La penultima categoria ( diremmo quella corrispondente ad uno striminzito 18 universitario ) era all'insegna di un lapidario ma possibilista " à la rigueur " : cioè, se proprio vi va , dateci un'occhiata ( e qui, in questo ordine di idee, lo consiglieremmo solo ai patiti della Huppert o ai collezionisti di film su Jekyll e Hyde ) L'ultima categoria dei Cahiers, quella più bassa, quella in cui in un soprassalto di malumore sarei tentato di collocare questo film, diceva lapidariamente " inutile de se déranger ", in pratica " non vale la pena di scomodarsi per andarlo a vedere ". Fate voi, a seconda di come vi sentite...
Giudicate voi. Una insegnante in un liceo tecnico di una delle tante problematiche "banlieues " francesi, una timida ed apprensiva cinquantenne che risponde al nome di Madame Géquil ( capita la sottilissima allusione al probo dottor Jekyll del racconto di Stevenson ? ) ci viene mostrata come vittima prediletta del preside, dei colleghi , degli indisciplinatissimi allievi, perfino di due famelici alani neri posseduti da una mastodontica ed inquietante vicina di casa. Insicura, esitante perfino nei confronti del marito, l'unica persona peraltro che dimostri un pò di tenerezza per lei,essa si dedica la sera al suo unico apparente interesse nella vita, cioè alcuni misteriosi esperimenti scientifici, in una baracchetta nel compound della scuola cui solo lei ha diritto di accedere. Uno di questi tentativi con provette ed elettricità va a male, ci sembra di capire, per un improvviso guasto di corrente durante un temporale che trasmette alla nostra ricercatrice una forte scossa e la lascia bizzarramente alterata. Ed ecco madame Géquil trasformata, in certe notti di insonnia, in una assertiva ed implacabile Madame Hyde ( sì, proprio come nel " classico " cui lontanamente si ispira questo film ) che percorre l'abitato in una " mise " quanto mai eccentrica, a metà tra il negativo di una fotografia ( il " doppio " della nostra abituale natura ? ) e una specie di arco voltaico ambulante , con scintille e linguelle di fuoco, pronto a trasmettere a sua volta scariche mortali alle malcapitate creature che vengono da lei avvicinate.Vengono così eliminati, gli uni dopo gli altri, i due odiati alani che la terrorizzavano e un insulso " rappeur " nero aduso , con i suoi compari, ad allietare musicalmente- si fa per dire - le pacifiche notti dei laboriosi " banlieusards ". Invece un allievo della nostra Madame Géquil/Hyde,un adolescente diversamente abile di origine magrebina il quale la tormentava in classe ma era poi da lei apprezzato per il suo inusuale interesse per la fisica ed in particolare l'elettrotecnica, rimane solo fortemente bruciacchiato dal contatto con la inquietante apparizione e si salva . Dopo di che, Madame Géquil, resasi conto dei danni che può arrecare una Madame Hyde così malamente intenzionata, si autodenuncia alla polizia e, per fortuna di tutti, spettatori inclusi, esce di scena ponendo termine all'inquietante giochino.
Intendiamoci. Riscrivere in chiave moderna l'appassionante, tragica vicenda di Jekyll e Hyde o anche soltanto ispirarsi ad essa per tornare ad esplorare il dritto ed il rovescio dell'anima umana, l'inscindibile ma pericolosa coesistenza nella nostra natura del bene e del male, è operazione del tutto legittima e tentata più volte anche al cinema. Ma chi si accinge all'impresa, scrittore, sceneggiatore, regista, deve avere le idee molto chiare e far capire bene le proprie intenzioni. Qui Bozon ha invece , a mio personale avviso, ciurlato nel manico ed ingannato il suo pubblico. Partito apparentemente per una scontata satira di costume ( la scuola di Madame Géquil, ricettacolo di tante pratiche demenziali all'insegna del " politically correct " infuso in un tessuto educativo sempre più slabbrato ) sceglie poi di percorrere i sentieri sdrucciolevoli del fantastico ( l'inquietante trasformazione della protagonista in Madame Hyde ) senza averne la reale capacità visionaria ed il coraggio di sostenere fino in fondo l'astruseria di un siffatto registro . Esitante tra una possibile e graffiante " cattiveria " della sua eroina ( resta poi da capire cosa le avessero fatto le sue sfortunate vittime, cani compresi ...) ed il "buonismo" del tentativo di quest'ultima volto a recuperare attraverso l'amore per le scienze l'allievo che inizialmente non la rispettava e guidava quotidianamente l'azione di disturbo delle sue lezioni di fisica, il film dà l'impressione di non sapere in che direzione andare. E si perde quindi in caratterizzazioni quasi macchiettistiche dei personaggi minori. Ecco così il preside vanesio ed ambizioso, l'ispettore scolastico poco perspicace, il marito "modello" preoccupato per una moglie così speciale, l'inquietante e straripante vicina di casa, due allieve in continuo ed odioso rimprovero delle manchevolezze pedagogiche della povera Madame Géquil . Tutti " sottotesti " , diremmo gergalmente, che non aggiungono nulla alla vicenda centrale, anzi la rendono ancora più confusa ed insulsa. Nè critica di costume ( e Dio sa se non ce ne sarebbe bisogno con i tempi che corrono ) nè apologo sulle pieghe nascoste dell'animo umano, questo " Madame Hyde " naufraga inevitabilmente nel bozzettismo dell'ennesimo film sui quartieri periferici ed annessi stabilimenti scolastici di una Francia multietnica, in chiave ora ironica ora scontatamente comica. E tenta, addirittura, un ardimentoso quanto problematico recupero della assurda storiella virando verso il film horror, il mistero, la dimensione fantastica, senza averne - ripeto - nè le capacità tecniche ( Madame Hyde e il suo cerchio di fuoco , a volte , più che la paura, ci infondono il buonumore che potrebbe darci un ingegnoso travestimento per un party di Halloween ) nè l'afflato ed il respiro morale ed estetico ( la sua Madame Géquil è quasi più scialba ed antipatica delle modeste persone che la circondano e le sue motivazioni restano incomprensibili ).
Anche qui, mi sento di poter dire, il difetto sta nel manico. Cioè nella sceneggiatura , che invece di condividere come le volte precedenti con la moglie, l'attrice e regista Axelle Ropert, Bozon ha voluto caricarsi interamente sulle sue spalle. Vale il discorso di sempre : cattiva sceneggiatura, cattivo film. La sceneggiatura , a sua volta, deve essere il riflesso di una visione chiara, sufficientemente precisa degli obiettivi estetico-morali che vuole perseguire il film. Quando questa visione non c'è o è debole e confusa - come nel caso di specie- incominciano i guai : si vaga tra più tematiche senza affrontarne veramente nessuna e non ci si accorge delle inevitabili incongruenze narrative cui si presta una sceneggiatura raffazzonata e poco professionale ( quelle lunghe ed astruse spiegazioni di fisica della prof Géquil che ci stanno a fare , cosa aggiungono realmente al personaggio ? ) Anche il regista Bozon ( come lo sceneggiatore Bozon ) non riesce a muoversi con sufficiente coerenza in questo guazzabuglio. Alterna inquadrature molto studiate ( le scene notturne della banlieue) ad immagini da sceneggiato televisivo, sciatte e frettolose ( gli " interni " della scuola e della casa della protagonista ) Una prova, sul piano estetico, puramente anodina, senza vera personalità. Ci sono film tutto sommato lisci e levigati come un gigantesco cubo di plastica nel quale non si ha voglia di entrare, di visitarlo, di lasciarsi coinvolgere, di interrogarsi su cosa voglia dire chi l'ha ideato. Basta, il cubo sta lì. E tra noi e lui c'è uno spazio che ci separa irrimediabilmente.
Resta da dire dell'interpretazione. Nessuno mi toglie dalla mente che il soggetto sia piaciuto ad una Huppert in cerca di personaggi " estremi " dopo il successo di " Elle ". La sua interpretazione ( premio a Locarno ) è tutta in sottotono nella prima parte ( la timida Madame Géquil ) ed acquista man mano vigore quando subentra la trasformazione in Madame Hyde e la sua vera personalità, forte ed assertiva, finalmente si fa strada . Una buona prova, senza dubbio, ma un tantino sprecata.
Nel consigliare o meno i film al pubblico dei lettori, i " Cahiers du Cinéma " classificavano i film dal punto di vista del valore e dell'importanza,oltre che con le classiche stelle, con il ricorso a delle frasette standard . La penultima categoria ( diremmo quella corrispondente ad uno striminzito 18 universitario ) era all'insegna di un lapidario ma possibilista " à la rigueur " : cioè, se proprio vi va , dateci un'occhiata ( e qui, in questo ordine di idee, lo consiglieremmo solo ai patiti della Huppert o ai collezionisti di film su Jekyll e Hyde ) L'ultima categoria dei Cahiers, quella più bassa, quella in cui in un soprassalto di malumore sarei tentato di collocare questo film, diceva lapidariamente " inutile de se déranger ", in pratica " non vale la pena di scomodarsi per andarlo a vedere ". Fate voi, a seconda di come vi sentite...
Nessun commento:
Posta un commento