martedì 23 maggio 2017

" Amore e inganni " di Whit Stillman ( USA, Regno Unito , Irlanda, 2016 )

La perdurante penuria di buoni film  usciti di recente  ( naturalmente secondo i miei personalissimi criteri ) mi ha spinto ancora, come inevitabile ripiego, a spulciare tra i DVD  dei  film di questa stagione di un qualche interesse e che , come la volta scorsa " Animali notturni " , mi fossi perso al momento dell'uscita in sala. Debbo dire che se non ci sono in questo momento film granchè meritevoli di essere visti sul grande schermo è anche perchè  nel lotto di quelli stranieri  da poco internazionalmente disponibili  e di cui si dice un gran bene ve ne sono diversi che, in Italia, non ci sono stati  ancora mostrati. E chi sa se mai lo saranno , vista la ritrosia della grande distribuzione ad immettere nel circuito film considerati " difficili " ( sospetto siano quelli che si ritiene che il pubblico non correrà a vedere in massa, tipo l'ultimo film di Terence Davies sulla grande poetessa americana Emily Dickinson o quello del francese Stephane Brizé che è tratto da " Una vita " di Guy de Maupassant ). Ho già detto altre volte tutto il male che penso di una distribuzione che- a differenza di quanto avviene negli altri paesi cosiddetti civili- punta troppo sulla immediata redditività, senza cercare , migliorando il  gusto di noi spettatori e valorizzando  adeguatamente  le opere di meno immediato impatto commerciale, di assicurare un futuro ad un'arte  che- ne sono sicuro- avrà sempre molto da dire anche negli anni a venire. Abbassare il livello complessivo dell'offerta cinematografica, come ormai avviene da noi da diversi anni, omettendo di inserire nel normale circuito- e non solo in qualche cineclub per iniziati- opere che hanno il torto di non piacere a coloro che fanno il bello ed il cattivo tempo in questa professione, significa condannare il cinema, tutto il cinema, alla progressiva ma sicura irrilevanza, se non alla vera e propria estinzione nel giro di pochi anni. La " moneta cattiva ", per riprendere un immagine logora ma calzante, qui non rischia solo di cacciare quella buona ma di provocare la propria stessa fine. Quando cioè il pubblico, stanco di " Guardiani delle galassie " e di commediole italiane di desolante povertà di idee, si renderà definitivamente conto che roba di quel genere la può trovare sul televisore di casa ( con schermi sempre più giganteschi ) o sulla infinita gamma degli strumenti elettronici  " pret-à-porter " ( con schermi  a volte di sconcertante piccolezza ) l'incentivo ad andare a vedere qualunque film diminuirà sempre di più . Nel frattempo, se le cose non cambiano radicalmente, vedere film di pregio nelle sale cinematografiche diventerà- temo -  sempre più problematico.

Eccomi quindi a parlarvi della mia ultima scoperta grazie al  provvidenziale DVD.  Si tratta di un "piccolo " film , uscito in Italia lo scorso autunno-inverno senza grande sfarzo pubblicitario. Diretto da un regista poco conosciuto, con attori non di grande fama, ispirato ad un racconto poco noto della scrittrice inglese  del primo Ottocento Jane Austen, non presentava - debbo ammetterlo - un capitale iniziale su cui costruire una probabile fortuna commerciale. Eppure, da quel che ho saputo, riuscì allora a trovarsi qui da noi un suo pubblico nonostante fosse stato presentato, all'apice del suo sfruttamento nel circuito cinematografico, in sole 38 sale su tutto il territorio nazionale, cioè meno di un decimo di un ordinario " blockbuster "... Il suo " torto " fu quello di uscire in un momento di particolare affollamento di buoni film ( eravamo nelle settimane immediatamente precedenti il Natale). L'accoglienza critica , discreta ma tiepida, fallì poi nel compito di creargli una eco maggiore. Questo " Amore e inganni " - dove nel titolo originale, " Love and Friendship ", come può vedersi di "inganni" non se ne rinvengono mentre vi è una " amicizia " che pure ha la sua ragion d'essere  -  è il quinto e per ora ultimo tra i film di un regista americano, Whit Stillman, che ha la particolarità di averli creati nell'arco di tempo di ben ventisei anni ! Spirito indipendente, colto, raffinato, ha scritto e diretto opere che satireggiano l'alta borghesia del suo paese incontrando un discreto favore da parte del pubblico locale ma stentando sempre di più a trovare produttori disposti a finanziarle. Tanto che , per girare questo che è il suo primo film " in costume " ( non costato poi tanto, solo tre milioni di dollari ) ha dovuto andare a battere cassa in Francia ed Olanda. Girato in esterni in Irlanda, utilizza prevalentemente attori britannici, salvo Cloe Sevigny ( la quale pur avendo un nome francese è americana purosangue ). Come si può capire, un'opera eterogenea nei vari apporti costitutivi ma che si rivela, alla visione, di grande unità concettuale e stilistica. Per terminare sulle informazioni che potrebbero annoiare ma sono invece importanti per capire la sua genesi occorrerà dire che il film è solo " ispirato " al racconto lungo della Austen. In realtà Stillman lo ha interamente riscritto, conservando la situazione di partenza e una parte dei personaggi , aggiungendovi poi i propri sviluppi narrativi, il proprio dialogo ( peraltro assolutamente in carattere con l'epoca in cui è ambientata la vicenda, cioè  a cavallo tra Sette e Ottocento ) ed il proprio spirito caustico e delicato al tempo stesso. Ne è uscito un " pastiche " di alta classe ,tale io credo da  appassionare  e divertire anche il più scettico e prevenuto degli spettatori.

Sentite un po'. Lady Susan ( Kate Beckinsale ) una vedova altolocata ma rimasta senza il becco di un quattrino, afflitta da una figlia che studia in collegio, Frederica, e che lei vorrebbe tanto vedere "sistemata" con un buon matrimonio, è costretta ad una eterna ospitalità in case di parenti od amici per continuare a vivere come il suo rango le impone. Giovanile ed ancora piutosto piacente, è al centro di molte mondane maldicenze. Dicerie che essa del resto non smentisce  a causa di un comportamento abbastanza disinvolto, flirtaceo  quanto basta per alimentarle, e teso a manipolare gli uomini che vengono in contatto con lei. All'inizio del film raggiunge la bella dimora di campagna del fratello del marito defunto, apparentemente proprio per sfuggire alle cattive lingue. Ma , in realtà, Susan mira ad un più ambizioso progetto, come confida all'amica del cuore, un'americana malmaritata ad un ricco nobile inglese ( Cloe Sevigny ). Quello di trovare un facoltoso marito per sé stessa, accanto ad un conveniente sposo per  la figlia , e risolvere così  stabilmente il proprio problema di " status " economico-sociale. Di qui una serie di maneggi e di astute iniziative da parte della vedova, con accompagnamento di saporiti sviluppi e l'ingresso di nuovi personaggi, tra cui un ricco gentiluomo di irresistibile candore ( Tom Bennet ). Di più non dirò  per non guastarvi il piacere di scoprire da voi come andrà a finire.

" Disinvolta " , " ambiziosa " , " abile manipolatrice ". Sono tutte caratteristiche legittimamente attribuibili al personaggio ideato da Jane Austen e che Stllman certamente non mostra di rinnegare  . Ma, intelligentemente, egli ci fa comprendere al tempo stesso che in una società in cui il lignaggio ed il censo obliterano la  stupidità e l'egoismo, un essere umano che deve lottare per esservi accolto deve pur poter ricorrere ad una buona dose di infingimento e di sfacciataggine. Se è in più è una donna, ecco una possibile anticipatrice di un femminismo che rivendica il diritto di autodeterminarsi al di fuori se non in in antitesi con la società patriarcale dell'epoca. Nel personaggio di Lady Susan- tutt'altro che dozzinale e scontato - spira dunque un piccolo vento di rivolta, o almeno di critica "costruttiva " di un ordine  ingiusto, destinato fatalmente a cambiare. Il vigore dei sentimenti  ( il matrimonio di Frederica che chiude idealmente la vicenda ) irrompe ormai sulla scena, mischia irritualmente le carte anche là dove apparentemente il vecchio mondo sopravvive.  E la forza dell'amicizia (ancora Lady Susan ed il suo legame  con la confidente americana che saprà sfidare anche i divieti posti dal malmostoso coniuge di quest'ultima ) prevarrà sulle insidie di una forzato allontanamento. " Love and Friendship ", dunque, come volevasi dimostrare. E se i personaggi minori di questa vicenda ( il cognato di Susan,  sua moglie ed i genitori di questa, i servitori delle rispettive famiglie ) paiono supinamente installati in una intelaiatura sociale votata  all'immobilismo, non per questo la " pietas " dell'autore non è pronta a riscattarli in nome della loro umanità, della comune appartenenza a questa commedia dolce-amara che si svolge sulla terra ( si veda l'ultimissima inquadratura , con il lieve movimento in avanti della macchina da presa che sembra consegnarceli  ad un patetico e finale " quadro d'insieme " ).

Voi vedete dunque quale complessità e ricchezza di temi Stillman sappia trattare nel suo ultimo film, pur dando al racconto una semplicità, un nitore,  che gli conferiscono linearità e comprensibilità assoluta   (come,  non mi stancherò mai di ripetere, deve essere del resto  per le vere opere d'arte ). Stillman sceneggiatore- cioè, come abbiamo visto, rimaneggiatore e continuatore  nell'ispirazione e nello stile , del racconto della Austen - esce dunque vittorioso da una prova non facile. Si sorride spesso e talvolta si ride francamente alle sue invenzioni umoristiche o addirittura comiche. Ma lungi dall'essere una satira sboccata di un mondo, di una società che si presterebbero ad essere moralisticamente condannate o derise " dall'esterno ",  egli mi sembra che abbia scelto di calarsi lealmente fino in fondo nella vicenda e nei sui ingranaggi sociali e convenzionali, Salvo poi, ma questa volta " dall'interno ", a dinamitarne i contenuti, a sconvolgerne i significati, a far emergere quanto di assurdo e di " sconveniente " ci sia talvolta in quel reticolo, appunto, di regole e di consuetudini mondane. Il segreto- se segreto può esservi - dell'approccio così vittorioso e felice dello sceneggiatore alla vicenda ed ai personaggi risiede principalmente, io credo, nello stile, nell'eleganza che egli riesce costantemente ad infondervi. E, al tempo stesso,in un assenza di eccessiva crudeltà, ripeto, verso una materia che pur vi si sarebbe ampiamente prestata. Moralista, libertario, Stillman è pur sempre un conservatore ( delle buone maniere, dell'equilibrio e dell'armonia tra le persone e le cose ). La sua regia, le " forme " cui essa dà vita, il tono della narrazione, il susseguirsi delle immagini non possono , a questo punto, che corrispondere pienamente a quanto appena osservato. Il ritmo al quale cui si susseguono le varie scene è , giustamente, sostenuto, asciutto, coeso. Non vi sono preziosismi. Pur essendo un film d'epoca, splendidamente fotografato da un direttore olandese di valore, con scenografie, arredamenti e costumi di impressionante esattezza, non vi è nessuna- o quasi - delle compiacenze che si riscontrano a volte in opere del genere. Tutto teso a creare uno stile che non sia puramente esteriore ma interno al racconto, Stillman procede per la sua strada. Il racconto stesso ne riceve vigore, autenticità e significato. Ecco davvero un " piccolo " film che è opportuno vedere per capire cosa voglia dire scrivere e dirigere al cinema .






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