lunedì 4 novembre 2019

" DOWNTON ABBEY " di Michael Engler ( Gran Bretagna, 2019 ) / " MATERNAL " di Maura Del Pero ( Italia e Argentina, 2019 )o

" Downton Abbey " (il film) era attesissimo dai  "fans" della serie televisiva, andata in onda dal 2009 al 2015 su di una emittente indipendente britannica e ripresa poi dalle televisioni di tutto il mondo. Giustificato quindi l'entusiasmo che si era diffuso alla notizia che, esclusa dopo sei stagioni la possibilità di una settima per volontà concorde di autori ed interpreti, il vero addio dei personaggi che hanno allietato tante nostre serate sarebbe stato dato tramite un ultimo episodio scritto e  girato appositamente per il grande schermo. Tranquillizzerò subito gli adepti della serie televisiva ( credo che esistano perfino club, in Europa e negli Stati Uniti, che li riuniscano in perpetuo ricordo dei loro beniamini ) rivelando che il film non tradisce il tono generale, l'atmosfera ben collaudata, la concisione espositiva,  che le vicende degli abitatori della magnifica dimora avevano saputo offrirci con così tanto successo sul piccolo schermo. Complicato qui, naturalmente, addentrarci su ciò che differenzia il cinema dalla televisione e dilungarci magari nell'analizzare se le avventure narrate da " Downton Abbey " abbiano una " resa " diversa , passando dal televisore al telone di una sala cinematografica. Basterà dire due cose, che ogni appassionato potrà verificare vedendo il film, se già non lo conosce.
 Il grande schermo, dilatando in senso fisico ambientazione e personaggi ben noti- riprodotti  peraltro qui  senza eccessivo ricorso a  specifici canoni "cinematografici" - sottrae forzatamente quel tanto di intimo, di caldo, di "privato " starei quasi per dire, che gli schermi televisivi avevano conferito alla serie. "Downton Abbey " è nato per la televisione ed ha contribuito ad elevare gli standard artistico-produttivi delle tante serie che occupano ormai buona parte della programmazione. E alla televisione resterà legato, come è naturale, il successo che ha avuto mondialmente e quel particolare, inconfondibile fascino che emana dalle sue cinquantadue puntate.
Nello stesso tempo il film è un buon film. Rinunciando a rendersi concettualmente ed esteticamente autonomo rispetto alla serie (in fondo è quasi un episodio un pò più lungo degli altri, come lo erano gli "special" natalizi che chiudevano ogni singola stagione) nondimeno riesce ad imporsi come  riassunto, od antologia se preferite, "bigger than life",  dei vari personaggi e delle varie situazioni  visti questa volta, sia pure con gli inevitabili schematismi,  con la lente di ingrandimento e consegnati in tal modo al nostro accorato e definitivo rimpianto di collezionisti.

Farei torto ai tanti ottimi conoscitori della serie ripercorrendo qui i diversi " caratteri " tratteggiati con tanta sagacia da Julian Fellowes, il vero demiurgo della serie uscita dalla sua fervida fantasia. Padroni e servitori si muovono , pur nella diversità dei propri rispettivi ruoli e di destino sociale, con l' innegabile fierezza  dettata dalla loro " britishness " e dalla consapevolezza di vivere, da una parte e dall'altra della linea che li separa, le stesse emozioni, grandi e piccine : simpatia, amicizia, amore, gelosia, invidia, gioie e dolori. Ed è qui, credo, nella calda, affettuosa interazione tra personaggi che appaiono autentici e non semplici stereotipi, più che nella ripetizione di una intelaiatura già collaudata da precedenti serie televisive (ad esempio, negli anni '70 del secolo scorso, " Upstairs and downstairs " della BBC) che risiede la vera chiave del successo planetario di " Downton Abbey ". Il film ha il grande merito di non voler innovare- come già si è detto- rispetto alla particolare "aura" creata in sei anni dalla serie televisiva. Racconta un ultimo gustoso episodio ( che preferisco non riassumere per non togliervi alcuna sorpresa ) permettendo a ciascuno dei personaggi che ben conosciamo di esprimere le sue caratteristiche migliori e di chiudere in bellezza il dialogo ideale che aveva instaurato con noi spettatori. Dopo non vi sarà che il ricordo di una bella storia, storicamente plausibile ma quasi fiabesca nel suo costante concludersi con il lieto fine che tutti ci attendiamo. Corretto nella regia ( anche il regista è lo stesso della serie televisiva ) sontuoso come sempre nelle scenografie che, sul grande schermo, hanno ancora maggiore risalto, il fulcro del film,come per la serie, ancora una volta sta nell'interpretazione. Leggermente appesantiti e comprensibilmente più stagionati dal trascorrere del tempo ( quello nella finzione e quello nella vita reale ) gli attori sono ancora tutti bravissimi. Sono tanti i personaggi della saga, ricorderete, e li vediamo entrare in scena con la piacevole emozione di chi rivede vecchi amici spariti da qualche tempo. Sia concesso, nell'impossibilità di parlare di tutti, menzionare almeno  Lady Violet Crawley interpretata dalla "evergreen " Maggie Smith ( 85 primavere ! ), decana della casata dei proprietari di Downton Abbey e  capace , con graziosa fierezza, di non sfigurare certo- come in questa occasione- anche di fronte ad un re e ad una  regina.

Con " Maternal ", il bel film dell'esordiente italiana Maura Del Pero, siamo invece su tutt'altra sponda. Qui le ambizioni sono maggiori giacchè ci muoviamo sul terreno cosiddetto  "autoriale",  quello cioè di chi scrive un film e poi lo dirige, puntando a comunicare il proprio mondo interiore e la propria idea di cinema senza preoccuparsi  eccessivamente di considerazioni commerciali. Il che non vuol dire che così facendo non ne escano poi  opere anche gradevoli ed interessanti, capaci di trovare un proprio pubblico e di avere successo. Sarà così anche per questo primo lungometraggio di una simpatica regista di 44 anni, che si era accostata al cinema attraverso i documentari e qualche cortometraggio di finzione ? Difficile saperlo perchè, per il momento, il suo film circola solo in qualche cineclub dopo essere stato presentato (unico titolo italiano in concorso) al Festival di Locarno l'estate scorsa. Io l'ho visto ad una mini rassegna di " opere prime " organizzata in questi giorni dalla Cineteca milanese e debbo dire che mi è piaciuto, consigliandone la visione a chi avrà l'occasione di trovarlo. Poichè tra i produttori vi è anche Rai Cinema non è escluso che sia destinato ad uno o più passaggi  in televisione
Prima di riassumerne i pregi (e qualche difetto) dirò subito che primo merito della Del Pero- non so  se per sua scelta o per ragioni produttive- è stato quello di aver ambientato e girato il film in Argentina (dove ha vissuto per qualche tempo) e non in Italia. Mi spiego meglio. Lontano dalle patrie sponde, dovendo far parlare i suoi interpreti (quasi tutti locali) in spagnolo, la regista ha evitato lo scoglio maggiore su cui vanno ad impattare pericolosamente tanti film italiani: quello di un malinteso "realismo" che rischia di tradursi poi in bozzettismo di sapore inevitabilmente regionalistico o  in una sorta di sceneggiata sospesa tra i cascami di un tardo pasolinismo e le insidie della "commedia all'italiana". "Maternal" è come concezione e realizzazione un vero film italiano, intendiamoci, anche se la sua vicenda si svolge in un paese straniero. Opera di un'autrice genuinamente nostrana per tradizione culturale ed ispirazione, mantiene nella vicenda narrata una sana, oserei dire indispensabile distanziazione rispetto alla subcultura nazionale dominante. Assumendo  i toni più sorvegliati di un vero dramma psicologico, non ancorato necessariamente ad una specifica realtà ambientale,il film approda così ad una convincente ed autentica realtà universale.

" Maternal " è ambientato in una "Home " o "focolare" se preferite, gestito da suore per accogliere minorenni che hanno partorito fuori dal matrimonio e non hanno dove andare a stare con la loro prole (il titolo argentino del film è infatti " Hogar ", casa o focolare). L'arrivo di una giovane suora italiana, Suor Paola, che deve ancora pronunciare i voti definitivi, spontaneamente protesa ad aiutare le giovanissime madri ed i loro pargoli e soprattutto non immune al richiamo dell'istinto materno, innesta  una  sotterranea dialettica  con il severo e un pò chiuso ambiente delle altre religiose sfociando infine  in un vero e proprio scioglimento drammatico, Riassumere la trama in poche righe, mi rendo conto, non rende giustizia alla pluralità dei temi sottesi alla vicenda, dal contrasto tra una certa idea di ordine e di rispettabilità rappresentata dalle monache e la sfrenata , esibita vitalità di alcune delle pensionarie,  dal dissidio tra le ragioni dell'anima e della spiritualità e quelle, altrettanto impellenti, dei sensi e degli istinti più terreni. Come si vede, una grande ricchezza di motivi e di spunti narrativi che la sapiente scrittura della Del Pero riesce a dominare quasi sempre con successo, infondendo dolcezza ed insieme forza genuina nei suoi personaggi, visti con quel tanto di coinvolgimento emotivo ma anche di obiettività di espressione che evitano la caduta sia nel sentimentalismo che nella  predicozza anticlericale. Abile, già sorprendentemente "adulta" per un primo film, la regia imprime vita e credibilità a  personaggi che rischierebbero altrimenti di apparire un pò troppo schematici. Ed è qui, a mio parere , in una a tratti leggera artificiosità di talune scene "chiave", che si cela l'insidia di un film non facile da concepire e girare come questo. Ottima l'interpretazione ( in parte di attori professionisti come Lydia Liberman, l'intensa attrice ucraina che interpreta Suor Paola, ed in parte di persone prese " dalla strada " come la maggior parte delle giovani " traviate " ) e  molto buona la fotografia . Un esordio , dunque, piuttosto promettente e che mostra la via al giovane cinema italiano che voglia veramente rinnovarsi.


Please find here a short commentary in english on " Downton Abbey ":

" Downton Abbey ", who in the world does not  know   that  it's  the title of a highly successful TV serial (six seasons between 2009 and 2015)? And now the film, made for the  big screen by the same people ( writer, director, various technical advisors and  the actors ) who made great the televised story of a noble english family living in a beautiful mansion in Yorkshire countryside and their servants, is most certainly going to renew the success of the 52 original episodes of the serial. Mostly reassuring for all the fans of the Crawley family's saga is the circumstance that the film doesn't  betray the genuine warm atmosphere, the special "british " flavour, which were the trade-mark of the TV dramatization. You will find in the film all the characters You loved in the serial, just a little grown older but still in business like in the previous episodes. Credit should be given to the film, as a matter of fact, for not having tried to make something " different " or truly movielike to distance itself from the TV serial. In a sense, the film is really just as if it were the last episode of the saga, the final one for good. And here, in its modesty and its cleverness,  the film finds a remarkable way to affirm a genuine " raison d'etre " and be able to give us joy and genuine cinematic satisfaction.  "Downton Abbey" is over. Long live  "Downton Abbey" in our memory.



Veuillez trouver ci-dessous un court commentaire en francais sur "Downton Abbey " :

" Downton Abbey " c'est le nom , comme chacun le sait, d'une série TV britannique qui a eu,  entre 2009 et 2015, un immense succès planetaire. Le film , qui réprend le nom de la série, ne décevra pas, c'est à parier, les très nombreux estimateurs de la  saga de la famille Crawley, habitant une somptueuse démeure nichée dans le Yorkshire avec un escadron de serviteurs abiles et dévoués. Mérite du meme scenariste, metteur en scène, décorateur et autres conseillers téchniques de la série TV qui ont travaillé au film avec autant de  vaillance et de passion. Mérite surtout de la volonté de rien toucher à l'atmosphère "british"  ni au style bien rodé de l'histoire telle qui nous a été livrée par notre appareil de télévision. En somme, rénoncant à faire un film en quelque sorte indépendent par rapport à la série, les auteurs ont préféré sagement de nous donner un nouvel episode, un peu plus longuet que d'habitude, de la fiction télévisée, et le tout dernier ( c'est promis ...). Les spectateurs seront ainsi gatés de retrouver tous les personnages qu'ils avaient aimés, en pleine forme quoique tous , forcemment, un peu plus agés. Intelligente opération de marketing du spectacle (genre "Le retour de... ") le film est néanmoins un bon film qui mérite amplement d'etre vu et aimé pour son cadre historique toujours très soigné et l'interprétation  vraiement rémarquable.

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